Da un’indagine condotta da Coleman Parkes Research per conto di HP, emerge chiaramente come una eccessiva proliferazione di applicazioni in ambito aziendale possa facilmente trasformarsi da potenziale risorsa in problema. La crescita del portfolio aziendale di applicazioni deve essere infatti mirata e controllata; ogni applicativo sottoutilizzato vincola risorse per la manutenzione che potrebbero essere invece utilizzate per l’innovazione.
Secondo i dati riportati dalla ricerca, il 74% dei CIO intervistati considera problematico l’eccessivo numero di applicazioni in uso in azienda; secondo il 97% la gestione efficace del portafoglio di applicazioni rappresenta un elemento critico per il successo di una azienda.
Inoltre, i CIO ritengono che quasi il 15% delle applicazioni utilizzate in azienda siano sottoutilizzate e non in grado di apportare reali benefici in termini di business, valore che per un terzo degli intervistati sale ad almeno il 20%. Ne conseguono inutili costi di manutenzione e supporto, visto l’esigua utilità di tali software.
Di conseguenza, il 5,8% del budget annuale IT sprecato nel supporto di applicazioni software sottoutilizzate; prendendo come riferimento la spesa IT media dell’Europa occidentale, gli sprechi si tradurrebbero in ben 16 miliardi di dollari.
«Le applicazioni non sono tutte uguali in origine e dovrebbero quindi essere gestite in modo differente in base al business di ciascuna», ha dichiarato Stuart Bladen, Vice President, Application Services di HP Enterprise Services. Esistono servizi e strumenti di gestione applicativi business, quali ad esempio Applications Value Ratio (AVR) di HP; grazie ad essi, le aziende possono avere un quadro più chiaro delle proprie applicazioni, misurarne il valore di business e i costi.