EMC ha presentato i risultati del Privacy Index, una interessante ricerca condotta a livello mondiale sull’atteggiamento di cittadini nei confronti della privacy in Rete, la quale evidenzia come questo rapporto sia piuttosto contraddittorio e come il tradizionale dibattito inerente il grado di visibilità che Governi e aziende dovrebbero avere sulle attività private, sulle comunicazioni e sui comportamenti dei cittadini vede ormai coinvolto anche il mondo online.
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Privacy VS vantaggi della Rete
A livello globale la quasi totalità dei consumatori (91% dei 15 mila intervistati) apprezza i vantaggi di un “accesso più facile alle informazioni e alla conoscenza” derivante dalla diffusione di internet e della tecnologia in generale, ma solo il 27% è disposto a sacrificare la propria privacy in rete. Anche se l’85% degli intervistati apprezza “l’uso della tecnologia digitale per la protezione dalle attività terroristiche e/o criminali” solo il 54% è disposto a rinunciare a parte della propria privacy in cambio di questa protezione. Tra gli utenti internet in Italia a dichiarare di essere disposto a sacrificare la propria privacy online per usufruire di tutti i vantaggi offerti da un ambiente interconnesso è il 29% del campione, ma l’86% del campione acquista prodotti in rete e quasi due intervistati su tre (64%) utilizzano regolarmente i Social Media.
Poca prevenzione
Eppure, nonostante a livello mondiale oltre metà degli intervistati dichiari di aver subìto una violazione dei propri dati (account di posta violato; dispositivo mobile rubato o smarrito; account di social media violati ecc.), sui social network il 40% degli utenti non imposta le regole sulla privacy in maniera personalizzata (un utente su tre). Nel nostro Paese solo il 41% degli intervistati cambia regolarmente le password utilizzate in Rete e addirittura 1 utente su 3 dichiara di non avere una password per i propri dispositivi mobile, telefoni o tablet (39% a livello globale).
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Mancanza di protezione
Nei 15 Paesi presi in considerazione solo il 41% crede che i Governi siano veramente impegnati a tutelare la privacy online dei cittadini mentre un consistente 81% (86% in Italia) è convinto che nei prossimi cinque anni assisteremo ad una importante diminuzione del livello di privacy online e il 59% (40% in Italia) è convinto che il livello di privacy sia già diminuito rispetto a un anno fa. Molta della colpa viene imputata alle aziende usano, vendono o scambiano le informazioni sugli utenti in proprio possesso a scopo di lucro e all’assenza di attenzione da parte dei Governi (31%); solo l’11% del campione imputa le possibili violazioni alla “assenza di attenzione da parte di persone normali come me”. Scarsa poi la fiducia nei confronti sei service provider: solo il 51% degli intervistati afferma di avere fiducia nelle loro competenze in tema di protezione dei dati personali e solo il 39% confida nel senso etico di queste aziende. Ben l’84% dei consumatori non apprezza che qualcuno possieda informazioni su di sé e sulle proprie abitudini, a meno che questo non derivi da una propria decisione di condividere determinate informazioni. In Italia l’88% degli utenti è convinto che dovrebbero esserci delle leggi ad hoc che proibiscano la compravendita dei dati personali, senza il consenso del diretto interessato. Il report evidenzia inoltre punti di vista decisamente differenti a seconda del Paese di appartenenza e del tipo di attività che viene svolta online, ma una cosa non cambia: la parte di campione di età superiore ai 55 anni è meno disposto a sacrificare la privacy in cambio dei vantaggi offerti dalla tecnologia e desidera maggior controllo sui propri dati personali, nonostante risulti anche la meno propensa a proteggere i propri dispositivi mobile con una password o a modificare le configurazioni della privacy sui social network. (Fonte: EMC Privacy Index)