Open source: i miti da sfatare

di Anna Fabi

Pubblicato 21 Gennaio 2011
Aggiornato 9 Febbraio 2012 11:31

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Licenze, responsabilità, qualità: i manager IT devono sempre prendere in considerazione nelle decisioni d'acquisto software open source. Ecco perché

L’autore dell’articolo in esclusiva per PMI.it è Bertrand Diard, CEO e cofondatore di Talend

Il software open source deve ancora lottare contro una serie di pregiudizi consolidati in ambiente business, nonostante la sua validità sia confermata dal riscontro positivo degli utenti che lo utilizzano con successo. Ciò che più sorprende è che questi pregiudizi contraddicono in realtà tutto ciò che il software open source rappresenta, tanto che molti dei vantaggi reali che offre devono ancora essere completamente riconosciuti.

È noto che molte aziende fanno uso con moderazione di soluzioni open source, spendendo anno dopo anno grandi quantità di denaro. Questo non è assolutamente sensato a livello di business, specialmente quando si vedono sempre più applicazioni alternative nel mercato in modalità open source che offrono la stessa potenza e affidabilità rispetto a soluzioni software proprietarie, ovviamente a pagamento.

Per esperienza personale ho notato che i clienti tendono inizialmente a utilizzare software di data integration open source per progetti più piccoli, ma si rivelano presto così soddisfatti da estenderlo gradualmente alle altre aree dell’operazione in maniera crescente . Detto questo, ci troviamo spesso a scontrarci con i soliti vecchi pregiudizi che i fornitori tradizionali hanno instillato nel tempo agli IT manager: presumibilmente, il software open source non è sicuro, i costi sono nascosti e quando si verifica un problema l’utente viene lasciato solo. Si tratta però di pregiudizi infondati.

Licenze e sicurezza – Molte delle preoccupazioni in ambito open source ruotano attorno al licencing e alla sicurezza, attraverso il mito che il software open source viene sviluppato da una comunità anonima. Perciò, presumibilmente, l’utente non puoi mai essere sicuro o meno che tutte le parti siano liberamente utilizzabili e che gli sviluppatori possano avere infiltrato software malevolo nel codice sorgente.

Per quanto riguarda il nostro modo di operare, la maggior parte del software viene creato dal nostro team di sviluppo. Quando vengono integrati moduli provenienti dalla comunità, ogni sviluppatore di questa comunità ci assegna la proprietà intellettuale, il che significa che il software può essere liberamente utilizzato nel suo insieme. Inoltre, c’è un team impegnato nel controllo qualità di ogni parte di software prima che venga integrato. Questa pratica garantisce che tutti gli sviluppi siano conformi alle richieste di sicurezza e di licensing, così come agli obiettivi aziendali.

Responsabilità – Vi è inoltre il timore che del software open source nessuno sia pienamente responsabile. Cioè che non vi sia nessuno a garantire che questo sia flessibile e scalabile abbastanza da poter supportare gli standard stabiliti, in modo da poter essere integrato in ambienti eterogenei. Questo fa sì che le aziende si mantengano a distanza dall’idea stessa di software open source per i processi “mission critical”.

Niente di più lontano dal vero. Il software open source si rivela in genere più flessibile rispetto al software proprietario. La community funziona da enorme beta test, ed ogni sviluppatore possiede una differente configurazione di sistema. Se manca una funzionalità o un’interfaccia, i programmatori esperti possono aggiungerla da soli e renderla disponibile in tempi molto brevi, grazie all’architettura aperta della comunità stessa. Centinaia di componenti e connettori aggiuntivi sono stati creati in questo modo, compreso il connettore per SAP – a dimostrazione che l’open source è un metodo valido per l’innovazione tecnologica.

Chiunque abbia avuto una qualche esperienza di helpdesk con i più noti produttori di software “commerciale”, apprezzerà presto come il supporto della comunità sia complementare al supporto del produttore. Contando su diverse migliaia di programmatori che conoscono il software da cima a fondo, i problemi vengono risolti rapidamente e a costo zero. Inoltre, sono molti i vendor open source a fornire assistenza tecnica a livello enterprise, con la stessa dedizione e gli stessi service level agreement dei fornitori tradizionali. L’unica differenza sta nel costo, che rappresenta una frazione di una soluzione proprietaria comparabile.

Costi nascosti – C’è infine il pregiudizio diffuso che il software open source non sia realmente gratuito per le aziende, con costi nascosti ad esempio dietro ai costi amministrativi più elevati e al downtime causato da una mancanza di supporto. È un altro mito da sfatare, lo vedremo nella prossima pagina.

Per prima cosa, è vero che persino l’open source da una prospettiva di business non può essere gratuito. Sebbene non si applichi alcun costo di licensing, vanno considerati i processi di implementazione e manutenzione del software da parte dello staff IT, oltre ai costi legati al provisioning hardware. Tuttavia, nel loro complesso questi costi risultano ancora significativamente inferiori rispetto alle soluzioni proprietarie. Persino con la versione commerciale di un software di data integration open source, non è raro risparmiare fino all’80%. I costi di licensing delle soluzioni esistenti possono inoltre essere considerevolmente ridotti attraverso l’uso complementare di software, così che i costi IT complessivi possano essere ridotti ad hoc.

Chi si occupa di “evangelizzare” il mercato sulle soluzioni open source deve iniziare ad affrontare questi pregiudizi in modo da diffondere l’adozione del software open source ed estenderne lo sviluppo della tecnologia. È chiaro che questi miti sono stati alimentati dalla mancanza di conoscenza e dal fatto che, a un certo livello, il software open source è ancora un campo piuttosto nuovo per molti mercati. Ciònonostante, la realtà ormai dimostra che il software open source è allo stesso livello del software proprietario.

Per essere davvero competitivi, i manager IT devono assolutamente prendere in esame anche il software open source quando valutano nuove tecnologie. Ci sono una serie di case study di successo sull’implementazione del software open source, che evidenziano i benefici ottenuti dalle aziende, ed è importante diffondere maggiore consapevolezza tra gli IT manager. Questi pregiudizi non solo sono dannosi per il successo dell’open source, ma anche per la nostra cultura tecnologica, che bisogna allargare e non limitare artificialmente. Sfatare questi falsi miti può contribuire realmente allo sviluppo e al futuro della tecnologia.