Pmi, banda larga mobile e nuovi business

di Filippo Davide Martucci

Pubblicato 5 Gennaio 2012
Aggiornato 4 Aprile 2014 11:17

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Quando il broadband abilita a nuove strategie di business: focus sull'asta delle frequene per la banda larga mobile in Italia e sui benefici per le Pmi italiane.

Per uscire dalla crisi le Pmi italiane necessitano di nuove frecce al proprio arco per rispondere bene alla domanda di mercato e non soccombere. Secondo gli addetti ai lavori, ad esempio, un modo efficace per scongiurare il rischio chiusura è l’internazionalizzazione: aprirsi a mercati esteri meno colpiti dalla recessione o spostare la produzione dove costa meno, o dove la burocrazia è un servizio utile e non una zappa sui piedi.

Tutto questo richiede però strumenti di comunicazione quantomeno di base, che in Italia sono spesso una chimera: molte PMI non sono neppure coperte da una linea Internet a banda larga per il traffico dati “decente”.

Un’inversione di tendenza potrebbe realizzarsi a partire dalla vendita delle frequenze lasciate libere dalle TV analogiche nel passaggio al digitale terrestre: distribuite agli operatori telefonici, potrebbero incentivare la banda larga mobile e garantire connessioni veloci in mobilità. Un motore non indifferente per stategie di “contatto rapido” con i mercati di riferimento, con clienti, distributori, produttori e tutti gli agenti coinvolti nel ciclo produttivo e di vendita del bene/servizio commercializzato da una qualsiasi azienda.

L’Asta delle Frequenze

Quella del prossimo autunno è dunque un’asta importante, tanto che l’Autorità per le Telecomunicazioni ha predisposto una serie di norme ad hoc. Il rischio più grande è che la vendita vada deserta: secondo gli operatori telefonici infatti, molte delle frequenze a disposizione sono ancora occupate dai network televisivi, che ritardano il passaggio alla nuova piattaforma. Le emittenti TV potrebbero però accettare la proposta del Governo di una “buona uscita” di 240 milioni di euro, cifra che potrebbe ben presto raddoppiare.

La posta in gioco è troppo alta per far fallire l’operazione: il boom della navigazione mobile su tablet e smartphone (ulteriori punti di accesso portatili alla rete per laptop e altro dispositivo in grado di navigare) è il motore ideale per il decollo del 4G in Italia (su tecnologia LTE) e la sola asta dovrebbe far incassare allo Stato tra i 2,4 e i 3 miliardi di euro.

Copertura prevista

Le regole sottoposte a consultazione pubblica, hanno recepito le istanze degli operatori sugli obblighi di copertura, che consentirà la diffusione della banda larga mobile alla gran parte del territorio nazionale.

Allo stato attuale delle cose, gli aggiudicatari delle frequenze a 2.000 e 1.800 Mhz sono liberati da qualsiasi obbligo. Al contrario, chi si aggiudicherà le frequenze più ambite, vale a dire quelle a 800 Mhz – che saranno aggiudicate in blocchi da 5 a 25 Mhz (gli operatori dominanti già presenti sul mercato potranno aggiudicarsi fino a un massimo di tre blocchi, mentre i nuovi operatori fino a cinque) – dovranno per ogni blocco da 5 Mhz, fatta eccezione per il primo, coprire un elenco di Comuni fino a un totale di 3.000 abitanti, ovvero circa 700 Comuni a elenco su una somma totale di almeno 3.500.

Dal punto di vista della popolazione, invece, per ogni elenco gli acquirenti delle frequenze accetteranno di coprire il 30% dei comuni del territorio di riferimento entro tre anni dall ‘ aggiudicazione e il 75% entro cinque anni.

Per quanto riguarda le frequenze a 2.600 Mhz, gli obblighi dovrebbero essere più leggeri: bisognerà infatti garantire la copertura al 20% della popolazione nazionale entro i due anni, al 40% entro quattro.

Ora dunque il problema sarà definire la gara vera e propria, per la quale i ministri coinvolti – Telecomunicazioni, Difesa (che metterà a disposizione alcune frequenze) e Tesoro – dovranno attenersi alle direttive AgCom.

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