In azienda, il rischio di perdita di dati archiviati su schede di memoria flash, Hard Disk Drive (HDD) e Solid State Drive (SSD) è sempre in agguato.
Le tecniche di data recovery (recupero dati) non sempre sono banali, soprattutto nel caso degli SSD, e a complicare ulteriormente il processo di data recovery intervengono anche le problematiche di progettazione proprietaria.
Rispetto agli HDD che memorizzano i dati in modo lineare – dal bordo esterno concentricamente verso il centro – lo storage su memoria flash è più dinamico, poiché se un blocco di celle di memoria è costantemente scritto si usura rapidamente.
Le complicazioni degli SSD nascono dalla loro architettura, che solitamente consta di un chip di memoria flash e di un flash controller chip, un microprocessore veramente complesso che non solo gestisce il flusso di dati in entrata e in uscita dal dispositivo ma che controlla anche come i dati sono scritti nei chip flash.
Per gestire la durata della memoria flash, il chip controller applica un processo chiamato wear-leveling o di bilanciamento dell’usura. Ad esempio, se un file viene copiato su SSD senza essere modificato o spostato per un certo periodo di tempo, il controller riprogramma con i dati un’altra zona di memoria flash; successivamente, l’area originale viene cancellata per impedire alle celle di rovinarsi.
Pertanto, i dati sono in un costante movimento e nel momento del recupero il chip non sa più dove siano i dati: questo nel caso semplice. Con la presenza di due chip – con informazioni distribuite per migliorare le prestazioni – i produttori possono complicare il processo utilizzando cifrature dei dati proprietarie.
Tutto questo rende il recupero dei dati mission critical e giustifica il ricorso ad ogni mezzo preventivo che possa evitare di doversi calare in questo dedalo.
Se il flash controller chip del dispositivo diviene inutilizzabile a causa di un danno, allora recuperare i dati significa rimuovere i chip di memoria flash e procedere con una estrazione grezza dei dati (raw).
Si tratta di una procedura che richiede tempo, competenze e strumenti, senza contare che i chip controller richiedono l’utilizzo di strumenti e software ad hoc a seconda della casa produttrice. Persino i dispositivi realizzati dallo stesso costruttore utilizzano una varietà di protocolli differenti per la trasmissione e gestione dei dati.
Si consideri che finora non sono ancora stati toccati i dati per tentare il recupero!
E allora, poiché prevenire è sempre meglio che curare, ogni azienda che valuti il passaggio ai sistemi SSD come metodo primario di storage dovrebbe definire strategie di business continuity e disaster recovery.
Per recuperare i dati aziendali, qualora dovesse presentarsi il problema, è inoltre utile rivolgersi a professionisti specializzarsi piuttosto che affidarsi al fai-da-te considerata l’oggettiva difficoltà di procedere.