Nel recente passato l’innovazione tecnologica nelle società di servizi ha riguardato soprattutto la sfera dell’information technology applicata al conseguimento di economie di scala nello sviluppo di piattaforme informatiche più integrate, efficienti ed estese per conseguire guadagni di efficienza nei processi interni alle aziende. Oggi l’innovazione ha un impatto pervasivo, non solo nel miglioramento dei processi ma anche nel cambiamento radicale dei modelli di business e delle modalità di interazione con tutti i portatori di interesse: dagli azionisti ai dipendenti, dai fornitori ai clienti.
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Infatti se le opportunità offerte dai servizi Cloud e via Mobile riducono i costi di accesso, di transazione e di immagazzinamento delle informazioni, le social technologies e i big data abilitano e arricchiscono nuove forme di partecipazione, coinvolgimento e collaborazione attraverso i confini delle organizzazioni.
Innovazione in banca
Le banche stanno valutando gli impatti di queste innovazioni sui loro business per individuare approcci alla trasformazione digitale e le risposte strategiche e tattiche all’emergere di concorrenti sempre più aggressivi e focalizzati. Il ventre molle per le Banche è la componente distributiva, le reti di punti vendita e di filiali, che rappresenta contemporaneamente la struttura produttiva e l’interfaccia relazionale che genera la quasi totalità dei ricavi. E sono proprio questi asset ad essere investiti dalla potenziale e incombente combinazione di tecnologie che le disintermediano.
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La diffusione di nuove tecnologie abilitanti l’accesso, la flessibilità e la sicurezza nella fruizione di informazioni e di servizi sia in remoto che in prossimità (filiale) sta trasformando il nostro modo di relazionarci: la tecnologia diventa una componente integrata del nostro vivere quotidiano. Anche leggendo questo articolo è molto probabile che si sia contestualmente connessi in rete con diversi dispositivi, la linea di confine tra ciò che facciamo online e offline, nella vita reale, diventa sempre più labile. E mentre i nostri comportamenti, in termini relazionali, sociali e di acquisto, cambiano ed evolvono, chi si occupa di comunicazione e marketing deve modificare la modalità di interazione e le interfacce con la propria clientela.
Approccio multicanale
Per essere in grado di soddisfare le aspettative dei clienti con riferimento all’ accesso ed all’interazione attraverso le nuove tecnologie le Banche dovranno perseguire un approccio olistico che superi la frammentazione dei diversi canali di contatto (desktop experience, mobile experience, tablet experience, ecc.). Ovvero passare dal cosiddetto approccio multicanale all’approccio omnichannel (dal latino omni, dappertutto, in ogni direzione), fornendo al cliente un’esperienza relazionale e d’acquisto univoca, sia online che offline, ed integrata (via telefono, PC o filiale fisica). L’approccio omnichannel utilizza molti canali, ma la multicanalità di per se non crea un’esperienza integrata, la cui conoscenza da parte della Banca consente di allineare messaggi, obiettivi, formati e modelli di servizio. Una delle principali sfide che le Banche stanno affrontando con riferimento alla trasformazione digitale è quindi rappresentata dalla creazione di infrastrutture omnichannel e dalla digitalizzazione delle filiali per offrire esperienze d’acquisto integrate e con analogo livello di personalizzazione.
Transazioni digitali
Alla sfida dell’Omnichannel si sovrappone un’ altra grande sfida: quella costituita dall’evoluzione di tutto ciò che ruota attorno il mondo dei pagamenti, che potrà estendersi fino ad assumere il ruolo di un vero e proprio nuovo canale finanziario. Stanno emergendo una pluralità di operatori che forniscono servizi di pagamento, dal mobile payment sia online che in store (nei punti vendita), a circuiti di pagamento autonomi, complementari o sostitutivi dei circuiti tradizionali (Carte di credito, debito, ecc.). La loro offerta si basa sulla facilità e immediatezza di utilizzo e su costi per transazione inferiori di almeno il 50%. Questi operatori fanno parte della ormai larga schiera di imprese cosiddette Fintech, che non attaccano le Banche a 360 gradi, ma su singoli servizi specialistici. Molti di essi oltre a fornire i servizi di pagamento ai clienti privati, li offrono alle reti distributive, alla grande distribuzione, al dettaglio indipendente ed anche ad altri operatori pubblici e privati (pagamento servizi pubblici, ticketing, parking, ecc.) con l’intento di liberarli dall’utilizzo di diversi sistemi e servizi di pagamento collegandoli ad una singola piattaforma globale. Ciò consente a qualsiasi negozio on line o fisico di accettare pagamenti da tutti i circuiti esistenti, dalle carte di credito a quelli degli operatori mobili.
Patrimonio informativo
La novità però non sta solo in questo: queste piattaforme possono anche fornire informazioni sul comportamento d’acquisto dei clienti, sull’utilizzo di programmi di fidelizzazione, su comportamenti fraudolenti, ecc. Infatti i benefici e driver incrementali di valore non sono dati solo dal servizio di pagamento in se, conforme ai requisiti di sicurezza definiti a livello europeo ed internazionale, ma dai servizi aggiuntivi che possono essere realizzati, come i servizi location-based, di nuove attività abilitate da innovazioni NFC-driven, di anticipo plafond di spesa mensili, di efficientamento della gestione amministrativa e da programmi di co-branding e di affinità.
Nuovi servizi
Le Banche sono quindi chiamate ad ampliare l’offerta integrando la vendita di servizi di pagamento con servizi sofisticati di fidelizzazione, promozione, monitoraggio e gestione del punto vendita cliente. I mobile users d’altro canto, anche senza disporre di un conto in banca, non utilizzeranno i loro telefoni solo per pagare gli acquisti essenziali. Il telefono cellulare sta assumendo ruoli più ampi rispetto ad un luogo per tenere il denaro al sicuro e movimentarlo, come ad esempio per acquisire altri servizi finanziari da parte di fornitori di fiducia. In altri termini il mobile banking si stà trasformando in un vero e proprio canale relazionale e di vendita. Può diventare anche uno strumento di inclusività finanziaria. Infatti i servizi si stanno rapidamente espandendo, per abbracciare l’erogazione di prestiti (a partire dal microcredito, peer to peer consumer e small business lending), il pagamento di utenze, micro assicurazioni, ecc.
Applicazioni
La prima ondata di applicazioni di mobile banking è stata incentrata sulla componente transazionale, ma le applicazioni di mobile banking stanno già coprendo parte, anche se mimimale, dell’operatività delle filiali e delle interazioni online. Le banche possono guidare il cambiamento nel comportamento dei clienti in quanto, pur essendo essi allettati da nuove opzioni di pagamento, continuano a fidarsi delle loro banche per la maggior parte delle loro esigenze finanziarie. Molte Banche anche in Italia nell’ implementare nuovi servizi di pagamento, stanno anche collaborando con alcuni Payment Service Provider (PSP) per integrare nuove funzionalità e servizi all’interno delle loro attuali applicazioni bancarie.
Offerta
In termini di fornitura di accesso a una gamma completa di servizi bancari, i PSP’s e le Fintech hanno ancora una lunga strada da percorrere.
Nel medio termine tuttavia gli scenari che si aprono non sono confortanti, nel senso che alcune previsioni sostengono che nel retail banking si potrà verificare una erosione dei margini nell’ordine del 10-30% nei prossimi 10 anni. Le Banche però non saranno marginalizzate, nel senso che non verranno cannibalizzate intere linee di business, ma sarà la pressione competitiva dei nuovi operatori a comprimerne la redditività in tutte le linee di business.
Scenario
La principale minaccia consegue dal fatto che le banche potrebbero venir marginalizzate nel rapporto con la clientela e perdere il prezioso legame con il cliente a favore di concorrenti specializzati, veloci e flessibili. La maggior parte delle grandi banche ora hanno centri di innovazione e sono impegnati ad esplorare tutto il modo digitale, dalle applicazioni mobili alla tecnologia blockchain. Una delle risposte spesso avanzate degli esperti del settore è che le banche potrebbero eventualmente acquistare le imprese Fintech e così sfruttare le loro innovazioni integrandole nel loro business.
Ma questa non è un’opzione sempre percorribile. Innovare in una grande organizzazione complessa, altamente regolamentata come una banca rappresenta uno sforzo di cambiamento importante in quanto si tratta di calare l’innovazione superando sistemi tecnologici proprietari stratificati nel tempo e comportamenti cristallizzati in prassi ormai obsolete.
Inoltre nel 2014 gli investimenti delle Banche nel Fintech hanno rappresentato solo il 20% degli investimenti complessivi, provenendo il rimanente 80% da operatori non bancari. Le quotazioni delle Imprese Fintech peraltro sono elevate e non si può attendere che le quotazioni scendano, scontando ritardi gravidi di rischi.
Per molte Banche, in particolare le medio-piccole, il rischio di sbagliare investimenti in acquisizioni costose e intraprendere trasformazioni ed integrazioni dall’esito incerto, possono risultare opzioni non gradite agli azionisti in un contesto di carenza di capitale e bassa redditività dello stesso. I nuovi entranti forzeranno le Banche ad accelerare i loro programmi di trasformazione per non perdere il treno delle Fintech, che nascono prive di vincoli organizzativo strutturali.
D’altro canto queste ultime dovranno comunque utilizzare le Banche che in molti casi rimarranno loro fornitori di infrastrutture e di servizi. Allora, in questa accelerazione per la trasformazione digitale, organizzativa e sociale, ci potrà essere spazio anche per la cooperazione: una delle strategie che potrà giocare un ruolo importante nel minimizzare rischi operativi e di mercato per operatori vecchi e nuovi sarà quella delle partnership e delle alleanze di produzione e commercializzazione, ma anche e soprattutto nello sviluppo dell’innovazione.
Adottare un approccio collaborativo nello sviluppo dell’innovazione, ciò che va sotto il nome di co-sourcing, co-creazione, co-sviluppo, ecc., implica passare da modelli e prassi di innovazione chiusa a modelli aperti a contributi esterni. Spesso gli approcci collaborativi comportano che i confini organizzativi diventino permeabili a ciò che avviene all’esterno, ovvero che l’impresa, la Banca, lasci fluire con più facilità know-how, capitale intellettuale, investimenti, tecnologie e idee e nel contempo si dia inizio ad un’inversione cultural- imprenditoriale.
E’ il paradigma dell’ Open Innovation che si basa sulla creazione di un ecosistema collaborativo che preveda lo scambio di conoscenza tra entità diverse.
Ma costruire un ecosistema che agisca da catalizzatore dell’innovazione, integrandola in nuovi prodotti/processi aziendali necessita di modelli di management differenti rispetto alle prassi aziendali consolidate. Instaurare nuove collaborazioni per non perdere il treno della trasformazione digitale richiede di pensare in maniera più creativa, cercare partner complementari laddove prima non si pensava, coinvolgerli preventivamente in discussioni anche strategiche e reinventare i canali di flusso dell’innovazione.
Per le Banche, che sono organizzazioni tradizionalmente abbastanza chiuse, questa apertura potrà svilupparsi attraverso l’evoluzione di due fattori fondamentali: quello culturale, ovvero il fattore umano, e quello metodologico, ovvero il come utilizzare i vari strumenti e soprattutto quali.
Questa sarà la vera sfida nella business transformation delle Banche, quella che discriminerà vincenti e perdenti.
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* Articolo di Paolo Marizza, Innoventually Corporate Dev. Officer e Partner Financial Innovations