A maggio, il gruppo da 107 miliardi di fatturato (dati 2018) Huawei è stato inserito in una “entry list”, lista nera di qualche decina di società cinesi che – per ricevere beni e servizi da fornitori statunitensi – devono chiedere un’autorizzazione al dipartimento del Commercio Usa. In alternativa, sono tagliate fuori dall’interscambio perché metterebbero a rischio la sicurezza nazionale a stelle e strisce.
La notizia, un terremoto per il mondo dell’elettronica di consumo, è che anche Google, come molti altri produttori (da Intel a Qualcomm fino a Broadcom), ha annunciato l’interruzione dei rapporti “a pagamento” con Huawei. Quelli, cioè, che prevedono la concessione di una licenza per utilizzare una versione di Android completa di tutti i servizi, in primis Google Play, il negozio delle applicazioni.
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Tuttavia, secondo Ren Zhengfei, mitologico fondatore di Huawei, gli Stati Uniti “sottostimano la forza” del gigante, che pare fosse da tempo in allerta e avesse non solo fatto scorta di componenti utili, su tutti i chip per i laptop (visto che per gli smartphone si produce in casa i propri Kirin arrivati alla versione 980), ma avesse già messo in cantiere un sistema operativo proprietario.
Non si sa neanche se sviluppato a partire dall’unica versione di Android che potrà usare a partire dal rilascio di nuovi modelli e dall’arrivo di Android 10 alias Q: quella Open Source Project priva tuttavia della suite di applicazioni più apprezzate e diffuse da miliardi di utenti, da Mappe a YouTube.
E a poco serve la tregua concessa fino ad agosto 2019 per quanto concerne aggiornamenti e manutenzione delle apparecchiature negli Stati Uniti: di telefoni, negli Usa, il colosso di Shenzhen non ne vende da anni.
Vediamo cosa c’è da sapere per chi possiede o intende acquistare un dispositivo Huawei o Honor, brand “giovanile” collegato dalla società cinese.
- Nessun problema per gli aggiornamenti di sicurezza di Google Play Protect, che sono d’altronde garantiti anche alla versione libera di Android, dunque a moltissimi produttori di seconda fascia ma anche a dispositivi come i tablet/e-reader della serie Fire di Amazon. Né, per il momento, per l’accesso a Google Play. Lo stop non è retroattivo, dunque tutti i possessori di smartphone o tablet Huawei non dovrebbero avere problemi ad aggiornare, almeno fino alla prossima versione di Android, la numero 10. Ma con buona probabilità anche successivamente e perfino per i pezzi già in stock in giro per il mondo.
- I grattacapi più gravi potrebbero fioccare in autunno. Quando Huawei presenterà i nuovi modelli, a partire dai phablet Mate 30 e 30 Pro e forse il pieghevole Mate X già visto al Mobile World Congress di Barcellona lo scorso febbraio, che se davvero la licenza rimanesse sospesa potrebbero non essere equipaggiati con Android Q. Ma con una sua versione base, come si diceva, priva di Google Play e delle applicazioni solitamente preinstallate (per le quali, ironia della sorte, Big G è stata perfino multata lo scorso anno dalla Commissione Europea per posizione dominante).
- Significherebbe che gli utenti dovrebbero installare da soli, con alcuni sotterfugi e trucchi, le applicazioni che usano di più. Questo comporterebbe un’appetibilità al ribasso per i dispositivi cinesi, che verrebbero ovviamente penalizzati in quanto incompleti nei servizi. Quando, fino a oggi, sono stati all’avanguardia nello sviluppo e nell’aggiornamento anche dei modelli più vecchi alle versioni più recenti di Android. O meglio, di Emui, la personalizzazione del sistema operativo basata sull’adroide di Mountain View. Inverosimile pensare che Huawei, che pure già dispone di un proprio appstore, possa già disporre di un ecosistema pronto a essere installato sui telefoni sfornati dalle fabbriche nel Sud della Cina. Ci si potrebbe arrivare a quella piattaforma nota come Kirin OS, ma ci vorrà tempo.
- Ma quindi devi buttare il tuo smartphone Huawei? Neanche per sogno. Chi già ne possiede uno, lo ripetiamo, non dovrebbe avere problemi fino alla versione 10 e forse anche dopo, visto che al momento della vendita la licenza con Google era in vigore e dunque, salvo il rischio di cause multimiliardarie, è improbabile che da un mese all’altro chi ha in tasca, poniamo, un P20 o una versione lite dei diversi top di gamma si ritrovi tagliata fuori. Potrebbe senz’altro farsi più complessa la catena degli aggiornamenti alle successive versioni di Android.
- Ma è davvero fondamentale installare l’ultima versione di Android? Considerando che i produttori non sono di solito così rapidi a rilasciare i pacchetti di aggiornamento sui diversi modelli, c’è tutto il tempo per continuare serenamente a usare il proprio Huawei e capire, fra qualche mese, che aria tiri. Giusto preoccuparsi se Android 10 arriverà sui prossimi smartphone Huawei. Ma in fondo più dell’85% dei dispositivi Android nel mondo gira ancora su versioni come KitKat (2013), Lollipop (2014), Marshmallow (2015), Nougat (2016) e Oreo (2017). C’è perfino un 3,2% con Jelly Bean (2012). E c’è anche chi vende ancora prodotti con la versione 8 installata, se non una più obsoleta.
Potreste continuare a usare il vostro smartphone cinese fino alla fine della sua vita utile senza particolari difficoltà e non accorgervi di nulla. Quanto al lungo termine, certo il quadro si fa complesso per Shenzhen.