In una provocatoria intervista prima di Natale, il ministro alla Pubblica Istruzione, Francesco Profumo ha dichiarato quanto il mondo della scuola, e dei licei in particolare, debbano prepararsi ad un futuro in cui gli studenti non useranno più libri di testo, ma tablet, in linea di continuità con quei principi di risparmio che già hanno portato ad una progressiva politica di utilizzo sempre più stabile degli stessi titoli di testo per più anni e a sperimentazioni digitali già in essere in alcuni istituti del Paese.
Insieme ad un’altra dichiarazione del sottosegretario all’Editoria, Carlo Malinconico, in cui si indicava il passaggio al digitale per quelle testate che non godranno più di finanziamenti pubblici, questi messaggi dipingono sempre più fortemente uno scenario nel quale l’online dovrà sempre più permeare la nostra vita quotidiana e lo stesso business dell’editoria dovrà prendere atto di trasformazioni strutturali in cui non basteranno prese di posizione come quelle che hanno portato al limite massimo del 15% di sconto sui libri previsto dalla Legge Levi per contrastare la penetrazione di Amazon e delle librerie online nel nostro Paese e dovranno invece rifocalizzare il loro modello di business dal libro all’ebook, dal prodotto all’insieme di servizi che possono costituire il valore aggiunto di queste nuove iniziative editoriali.
Dobbiamo infatti imparare dagli esempi di maggior successo in questo campo per capire che il passaggio al digitale non significa solo trasportare il libro in un pdf ma, cambiando la tecnologia a supporto della lettura, deve cambiare anche la fruizione e quindi l’offerta editoriale. Le direttrici sono presumibilmente le seguenti:
– maggior multimedialità dell’opera con l’utilizzo di filmati multimediali, di mappe e grafici, di agganci a elementi che possono essere sempre richiamati online per conferire attualità ai dati;
– maggior interattività per venire incontro al fatto che l’utente tende sempre di più a cercare le informazioni su motori di ricerca e database anziché su opere seriali come i libri;
– maggior personalizzazione affinchè l’utente possa salvare sul suo device appunti e segnalibri in modo tale da rendere ancor più continuo il testo rispetto alla lezione orale;
– maggior “socialità” del testo grazie alla predisposizione di contesti dove gli allievi possano trarre il valore aggiunto dell’apprendimento non solo dal testo, ma anche dal suo utilizzo sociale da parte della community degli studenti che l’hanno adottato.
Il mondo dell’editoria digitale è certamente ai passi iniziali, ma con 20mila titoli disponibili in Italia e circa 3 milioni di euro di volume d’affari, ha bisogno sia di passi avanti decisi da parte dell’amministrazione sia di arricchimento da parte degli editori che non possono non giocare un ruolo di primo piano in questo passaggio visto che è a rischio il loro ruolo di tramiti della cultura e della tradizione del nostro Paese.
E questo valorizzando ancor più il ruolo degli insegnanti e degli studenti secondo quel principio dell’auto-pubblicazione cui spesso si accompagna il fenomeno dell’editoria digitale negli altri Paesi.
Prima lo capiremo e ne trarremo conseguenze utili ai fini della proposizione editoriale e commerciale, prima riusciremo a preservare il ruolo di quegli importanti attori del nostro panorama industriale e culturale che sono gli editori italiani.