I ministeri della Difesa e delle Comunicazioni, nella figura di Arturo Parisi e Paolo Gentiloni, hanno raggiunto, nell’ultima settimana del 2006, un’intesa in relazione all’introduzione, anche in Italia, del Wi-Max (worldwide interoperability for microwave access). Il dispositivo (disponibile a partire da Giugno 2007) permette l’accesso alla rete a banda larga attraverso la tecnologia wireless e non si pone in conflitto con il Wi-Fi ma ne diviene un complemento.
Il Wi-Max risulta essere più veloce e di maggiore portata e pensato per reti esterne, con distanze raggiungibili anche di svariati chilometri e può raggiungere in termini di lunghezza di banda, in condizioni ottimali, 74Mbps. Scopo del progetto è quello di avviare un rapido sviluppo della diffusione della banda larga per ridurre il cosidetto “digital divide”, principalmente in quelle aree dove le aziende, a causa dei notevoli costi, ancora non possono permettersi infrastrutture adeguate. E quindi si parla principalmente di quelle piccole realtà che devono fare i conti, costantemente, con problemi di tempo e di budget.
Diversa l’opinione a riguardo di AntiDigitalDivide, associazione che da diverso tempo si batte per ampliare l’accesso alla rete. L’associazione interviene con un comunicato rendendo noto un aspetto che in realtà non farebbe altro che aumentare ancora di più il disagio per le piccole realtà locali. Secondo quanto si legge in una nota «pare ormai consolidato il pensiero di indire delle aste per l’assegnazione delle licenze in stile UMTS»; in tal modo per accedere alle frequenze le aziende dovranno effettuare proposte di acquisto ad un costo molto elevato. L’associazione conclude: «speriamo che queste poche righe non saranno inutili e possano essere recepite da chi ha detto più volte di essere dalla parte degli utenti […]».
Bisognerà, quindi, attendere la proposta dei Ministeri in merito all’acquisto delle frequenze per vedere se effettivamente avverrà nel modo in cui è stato descritto da AntiDigitalDivide.