L’Italia è ancora in ritardo sulle politiche che dovrebbero proteggere il nostro Paese dal digital divide sia a livello privato che business.
A sostenerlo, una ricerca del Boston Consulting Group intitolata “e-Intensity Index 2012”, che posiziona l’Italia a metà della classifica a livello mondiale.
Lo studio, ha analizzato i diversi Paesi in base a 3 indicatori di performance:
- Enablement – la qualità delle infrastrutture e dell’accesso alla rete.
- Expenditure – quanto viene speso per e-commerce e pubblicità online.
- Engagement – quanto imprese, governi e consumatori abbracciano l’utilizzo di Internet.
Al primo posto nella classifica si trova la Corea del Sud, seguita da Danimarca, Svezia, Islanda e Regno Unito. L’Italia si posizione nella parte bassa della classifica, all’incirca verso la metà, dopo Portogallo e Spagna, superando Russia e Grecia.
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L’indice del nostro Paese relativo al digital divide è del 72%, contro una media nazionale del 52%.
La ricerca mostra inoltre un incremento costante, anno dopo anno, del divario tra i punteggi massimi e minimi dei vari Paesi, che appare praticamente raddoppiato rispetto al 2009.
Ad incidere in modo significativo sulla valutazione sono le politiche governative: Brasile, Cina, Russia, Lituania, Lettonia ed Estonia mostrano un progressivo miglioramento in questo senso, mentre l’Italia esibisce una certa tendenza all’immobilità.
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Il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera nei giorni scorsi ha annunciato un finanziamento di «150 milioni di euro di fondi pubblici, che pensiamo di triplicare con l’aiuto degli enti locali e dei privati, per intervenire sul digital divide del Paese». Nella speranza che la tendenza italiana sul digital divide possa cambiare, Passera ha dichiarato: «entro il prossimo anno pensiamo di poter arrivare a una copertura quasi totale». Non resta che attendere.