L’Apple App Store è il classico esempio di un nuovo
strumento per la diffusione di applicazioni mobili. Il modello di business funziona bene, tanto che dal lancio del
servizio sono state due miliardi quelle scaricate, su un parco di 85mila messe a disposizione.
Le applicazioni si applicano in ogni contesto, e non certo solo ludico o di intrattenimento, come pensano molti, ma anche in ambito lavorativo (CRM, ecc.).
Di fatto, quasi ogni attività pc sta ormai migrando su dispositivo mobile, sempre più strumento in movimento e fuori ufficio.
Il mercato delle applicazioni e relativi store registrano quindi un trend di crescita significativo,
seguito purtroppo da un altrettanto numeroso incremento di
rischi e problemi legati all’utilizzo delle
applicazioni stesse.
Il nocciolo della questione è che la maggior parte delle applicazioni
mobili fanno uso della connessione internet e
spesso gestiscono informazioni personali. E in questo senso, non
poteva non scatenare forti critiche la posizione di
Apple nei confronti di un problema evidenziato tra le
applicazioni presenti nell’Apple App Store.
Secondo gli stessi utenti infatti, alcuni sviluppatori di applicazioni per iPhone hanno
sfruttato le capacità di connessione dei telefono per ottenere informazioni personali del proprietario, come ad esempio il numero telefonico della SIM inserita, al fine di effettuare telefonate promozionali e pubblicitarie.
Il telefono potrebbe diventare quindi un raccoglitore inconsapevole di Spam e un subdolo fornitore di informazioni e dati sensibili, ma la posizione di Apple è chiara: «Non è un bug, ma una funzionalità. Chi istalla
un’applicazione accetta implicitamente le regole dell’Apple App
Store».