Internet, banda larga e ICT per la crescita dell’Italia

di Tullio Matteo Fanti

3 Maggio 2012 14:30

L'Italia non coglie le potenzialità di Internet e ICT penalizzando crescita economica e competitività delle imprese: banda larga insufficiente, liberalizzazioni e copyright nodi da sciogliere nel commiato di Calabro (AgCom).

Corrado Calabrò ha concluso il proprio mandato in AgCom (Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni) descrivendo il fronte italiano di Internet e scattando una fotografia ben poco soddisfacente, in un paese tuttora teledipendente. Per Calabrò l’Italia è avvolta da immobilismo mediatico, con la TV che ancora  domina come mezzo di informazione e di influenza sull’opinione pubblica.

Banda Larga e PIL

Manca inoltre la consapevolezza di quanto Internet possa fare per la crescita del Paese: il Web viene troppo spesso dipinto come elemento destabilizzante, anziché una reale opportunità.

E questo, nell’economia moderna, pesa direttamente sulle tasche dei cittadini: «l’Italia è sotto la media UE per diffusione della banda larga fissa, per numero di famiglie connesse a Internet e a Internet veloce, per gli acquisti e per il commercio online. Per le esportazioni mediante l’ICT l’Italia è fanalino di coda in Europa; solo il 4% delle PMI vendono online, mentre la media UE-27 è del 12%».

Occorre quindi, secondo Calabrò, focalizzarsi sulla banda larga ed effettuare importanti investimenti in tale direzione, pena un collasso della Rete sotto il peso di una richiesta sempre crescente, che solo la fibra ottica potrà contenere.

«L’economia Internet in Italia vale solo il 2% del PIL», mentre nel Regno Unito il peso specifico dell’economia digitale è ormai pari al 7,2%», spiega Calabrò; occorre quindi dare una risposta concreta attraverso l’Agenda Digitale, poiché la mancata crescita della banda larga costa all’Italia tra l’1 e l’1,5% del PIL.

Internet e Copyright

Un cenno va infine al regolamento sul Copyright scritto in bozza dalla stessa AgCom ma non portato a compimento. Pur riconoscendo la necessità di limitare i diritti sul web, Calabrò spiega: «l’intesa era che il Governo avrebbe adottato una norma di interpretazione autentica che rendesse leggibili per tutti le norme primarie che inquadrano la nostra competenza. Finché il Governo non adotterà questa norma, noi – almeno in questa Consiliatura – non ci sentiremo tenuti alla deliberazione del regolamento, pur così equilibrato, che abbiamo predisposto e messo a punto con ampia consultazione».

Non sono mancate a tal proposito le critiche a margine della relazione, avanzate da Fastweb sul fronte liberalizzazione TLC e soprattutto dalla FIMI in merito al mercato della telefonia e alla regolamentazione del Copyright.

In particolare, la FIMI ha parlato di “profonda delusione” per l’inerzia dimostrata sul Copyright, mentre Fastweb ha contestato la posizione di Telecom Italia, ancora dominante nonostante la caduta del monopolio e la teorica azione del Garante per garantire parità di condizioni sul mercato.

Per Calabrò si tratta pertanto di un mandato che si chiude all’insegna dell’amarezza, con annosi problemi lasciati pendenti senza una soluzione ed impacchettati come eredità al Garante che succederà alla guida dell’Authority.