L’Italia occupa la sesta posizione (terza in Europa) per ambiente complessivamente favorevole all’adozione delle tecnologie e servizi cloud. Lo rivela lo studio “BSA Global Cloud Computing Scorecard” realizzato da Galexia, che ha messo sotto la lente 24 Paesi e la loro preparazione nel supportare la crescita del Cloud Computing.
Nel nostro Paese sarebbe possibile utilizzare come legislazione ad hoc per il Cloud Computing quella esistenti, ma lo studio rileva le difficoltà pratiche nella sua applicazione in questo ambito.
In primis ci sarebbe la legge sul diritto d’autore, che è in grado di proteggere anche i servizi basati sulla “Nuvola”, e a seguire la regolamentazione sul crimine informatico, che risulta in linea con le direttive: in entrambi i casi, però, manca una esplicita tutela della proprietà intellettuale, i cui relativi vengono giudicati eccessivamente lunghi.
Sul piano della Privacy i ricercatori internazionali hanno espresso un giudizio piuttosto negativo sugli elevati costi di registrazione imposti dalla normativa italiana; sarebbe invece auspicabile – nonostante i recenti dibattiti sulla censura di Internet – un filtraggio più accurato dei contenuti web a livello di ISP, al fine di limitare la circolazione di contenuti illegali.
«Negli anni recenti, l’Italia ha fatto passi da gigante nello sviluppo di un ambiente in grado di favorire il Cloud», afferma Matteo Mille, Presidente di BSA Italia. «Ora è il momento di dare un impulso definitivo perché questa rivoluzione dell’ICT possa esprimere appieno il potenziale che ha da offrire alla nostra economia».
Per poter cogliere appieno il potenziale del Cloud in un’economia globale come quella attuale, occorre «favorire l’armonizzazione delle rispettive politiche in materia, al fine di agevolare il flusso di interscambio dei dati da una nazione all’altra; […] leggi e regolamenti che agevolino il flusso dei dati attraverso i confini nazionali ovviamente contribuiscono a questo processo».