Il Ministero allo Sviluppo Economico ha redatto un emendamento al Decreto Fare in merito al Wi-Fi, per rimediare ai problemi che il testo ora potrebbe creare a esercenti e aziende che offrono servizi internet al pubblico.
E’ quanto risulta a PMI.it, che ne ha potuto parlare con il Ministero.
La questione nasce dell’analisi del testo definitivo del decreto, uscito in Gazzetta Ufficiale e diverso da quello che si leggeva, in bozza, fino a pochi giorni prima.
Scarica il testo in G.U. del Decreto Fare
L’articolo 10, in particolare, sottotitolato “Liberalizzazione dell’allacciamento dei terminali di comunicazione alle interfacce della rete pubblica”. Si legge:
1. L’offerta di accesso ad internet al pubblico è libera e non richiede la identificazione personale degli utilizzatori. Resta fermo l’obbligo del gestore di garantire la tracciabilita’ del collegamento (MAC address).
2. La registrazione della traccia delle sessioni, ove non associata all’identità dell’utilizzatore, non costituisce trattamento di dati personali e non richiede adempimenti giuridici. Se l’offerta di accesso ad internet non costituisce l’attività commerciale prevalente del gestore, non trovano applicazione l’articolo 25 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 e l’articolo 7 del decreto legge 27 luglio 2005 , n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155.
3. Al decreto legislativo 26 ottobre 2010, n. 198, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l’articolo 2 e’ soppresso;
b) all’articolo 3 il comma 2 e’ sostituito dal seguente: “2. Il decreto del Ministro delle poste e telecomunicazioni 23 maggio 1992, n. 314, e’ abrogato”
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«Ci sono due problemi in questo testo», fanno sapere dal Ministero.
«Primo, quel “Se l’offerta di accesso ad internet non costituisce l’attività commerciale prevalente del gestore” .
E’ un concetto che dipende da come ti accrediti. Se un operatore guadagna di più dal traffico voce che da internet non ricade nell’attività commerciale prevalente? Alla fine solo gli internet point ci ricadono senz’altro. Ma queste norme servono per la sicurezza, per l’attività di polizia, e non conta certo, per questo, se uno ha o non ha in internet l’attività commerciale prevalente».
Allora, per evitare ambiguità e che si scardini tutto il sistema delle autorizzazioni e della sicurezza nell’offerta internet, l’emendamento del ministero delimiterà in modo preciso l’ambito di azione. Dirà che l’offerta di accesso internet al pubblico non richiede l’identificazione personale degli utilizzatori, se fatta con tecnologia Wi-Fi o su un preciso ambito di frequenze, da parte di gestori di pubblico servizio all’interno del proprio esercizio.
«E’ un chiarimento utile, anche se a mio avviso l’articolo 10 del decreto Fare comunque non toglieva obblighi di identificazione agli operatori telefonici. Su questi infatti continuano a valere gli articoli del Codice della Comunicazione elettronica», dice Fulvio Sarzana, avvocato esperto di questi temi.
Altro problema, il testo scrive che bisogna tracciare il Mac Address. «Ma questa indicazione da una parte è inutile ai fini della sicurezza, perché non serve a risalire all’autore di reati. Dall’altra potrebbe essere interpretata in modo stringente e obbligare i gestori di reti Wi-Fi a creare una cosa molto difficile: un registro che associ il mac address ai proprietari dei device».
L’emendamento allora dirà che la registrazione della traccia delle sessioni internet deve contenere la data, l’ora, l’IP, il mac address. E che tutto questo non deve costituire trattamento di dati personali alternativo all’identità dell’utilizzatore. «Spiegheremo anche, nell’interpretazione della norma, che significa la deresponsabilizzazione dell’esercente gestore di rete Wi-Fi. Non potrà essere imputato per reati commessi con la sua rete».
«L’attuale testo del decreto e anche quello dell’emendamento comporta una liberalizzazione che rende non identificabili gli utenti da parte delle forze di giustizia. Va bene, ma aspettiamoci che il Wi-Fi venga usato per tutte quelle cose proibite che ora sono fatte via Tor», dice Sarzana.