Agenda Digitale: avanti fragile…

di Alessandro Longo

Pubblicato 21 Giugno 2013
Aggiornato 31 Gennaio 2014 12:29

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Agenda Digitale, avanti tutta con una governance frammentata: quale destino per i decreti attuativi e i regolamenti necessari a svecchiare l'Italia?

Il Decreto Fare, appena approvato e in arrivo in Gazzetta Ufficiale, apporta delle novità anche nel piano dell’Agenda Digitale pur conservando intatto sempre il medesimo dubbio: avremo una governance forte quanto serve, per far procedere i decreti attuativi e i regolamenti necessari a portare il Digitale in questo Paese?

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Punti di forza

Cominciamo dalle novità positive. Bene il piano di razionalizzazione dei Centri elaborazione dati (CED) della PA (ora ben 4mila e in condizioni spesso pietose, con software obsoleto, alti costi di gestione ed energetici, bassi livelli di virtualizzazione).

Buona anche l’accelerazione sul Fascicolo sanitario elettronico: il Governo chiede alle Regioni di predisporre un piano entro il 31 dicembre e una copertura di 10 milioni di euro per il 2014, più 5 milioni nel 2015. E’ una mossa essenziale verso l’accentramento dei servizi sanitari e quindi analoga alla razionalizzazione dei Ced.

Decreto Fare: le novità sull’Agenda Digitale

Il Fascicolo è un volano della PA digitale per la nostra industria assieme a open data e anagrafe unificata, per citarne i principali.

Permetterà la nascita di servizi premium per la sanità elettronica, «un mercato che stimiamo possa valere alcune decine di milioni di euro l’anno e per il quale già alcune aziende cominciano a lavorare», dice Paolo Colli Franzone, dell’osservatorio Netics.

Buona anche la semplificazione che elimina la Carta di identità elettronica (promessa sempre fallita) e lascia il solo documento unificato nella roadmap. Documento che – ricordiamo – sommerà la carta d’identità, la tessera regionale dei servizi e la tessera sanitaria.

Punti deboli

Tutto questo sarà possibile solo con una governance forte. Che è stato proprio il punto debole dell’Agenda Digitale Italiana, orfana di gran parte dei decreti attuativi per incapacità dei ministeri o di varie parti di mettersi d’accordo.

Il caso più grave è forse il ritardo del decreto attuativo scavi (previsto del Crescita 2.0) per facilitare le nuove reti in fibra ottica: equivale a due miliardi di euro di risparmi per gli operatori, secondo lo Sviluppo Economico.

Il Decreto Fare stabilisce una cabina di regia, per l’Agenda, presieduta dal Presidente del Consiglio o da un suo delegato e con vari partecipanti istituzionali (da Regioni, da ministeri di volta in volta interessati); con in più un tavolo permanente diretto da Francesco Caio (nominato commissario per l’attuazione dell’Agenda.

Tutto questo si aggiunge a un altro attuatore, voluto dal precedente governo: l’Agenzia per l’Italia digitale, che pure ha una governance e che forse è più concentrata sulla pubblica amministrazione:

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Insomma, è un po’ paradossale: serviva semplificare la governance dell’Agenda e per questo tutti erano d’accordo nell’individuare una carica con poteri ad hoc, diretta emanazione della Presidenza del consiglio. Solo così si poteva “costringere” i vari ministeri e responsabili a mettersi d’accordo sui decreti da fare.

L’intenzione era buona, ma poi sono intervenute le classiche logiche all’italiana, ancora più forti del solito, con questo governo figlio dell’alleanza di due minoranze elettorali. Non si poteva nominare un sotto segretario alla Presidenza perché si rischiava di alterare gli equilibri Pdl-Pdl, ormai assestati, sulle nomine.

Allora l’idea di un commissario come Caio, che però ha un altro lavoro (amministratore delegato di Avio) e lavora a Londra, quindi si occuperà di Agenda part time (leggi i dettagli).

E poi ancora l’idea di una cabina di regia con tanti partecipanti, com’è solito in Italia, per non scontentare nessuno. « La sensazione è che sia molto ben chiara la composizione del “cast”, ma non si capisce chi sia il “regista” e – soprattutto – chi abbia l’ultima parola. Il rischio è che il “film”, per restare nella metafora della regia, possa risultare eccessivamente pasticciato», dice Franzone.

Resta ancora la speranza che i vari attori riescano a trovare la quadra, comunque. Dopotutto almeno adesso sono personaggi che remano a favore del Digitale, anche se magari con visioni diverse. Finora invece i decisori (i ministeri competenti) non sono stati tutti allineati sull’obiettivo di digitalizzare l’Italia.

Un passo avanti, quindi. Forse piccolo. Speriamo sufficiente.