Scorporo della rete fissa nazionale, accordo con Cassa Depositi e Prestiti e con H3G: c’è tutto questo in ballo nei prossimi mesi del 2013, per Telecom Italia e quindi per il futuro delle TLC italiane: va verso la chiusura una partita che era entrata nel vivo già l’anno scorso.
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Ed è partita non solo da tenere sott’occhio ma anche per che richiede di fare il tifo per una soluzione. È infatti probabilmente la sola chance che ha l’Italia di darsi una rete banda larghissima in fibra ottica all’altezza di quella a cui ora lavorano gli altri Paesi europei.
E in linea con gli obiettivi indicati dalla Commissione Europea: 30 Megabit per tutti e 100 Megabit per il 50% della popolazione entro il 2020, in ogni Stato Membro.
Noi non abbiamo uno Stato in grado di tirare fuori dal cappello miliardi per una cablatura a tappeto con fondi pubblico-privati, come in Francia. Né possiamo contare sulla concorrenza tra rete telefonica e cavo coassiale, che sta spingendo la guerra dei Megabit in molti Paesi anglosassoni.
No, da noi il solo grande progetto nazionale per la banda larghissima è quello di Telecom Italia, che mira a coprire 100 città entro il 2014, cioè il 25% della popolazione, per salire a 125 città entro il 2015, sul 35% della popolazione. E poi il 50% entro il 2018.
La tecnologia
Dopo anni di indugi e tentativi diversi, Telecom Italia ha scelto di puntare tutto su Vdsl2, la tecnologia più “economica” per fare la banda larghissima. E’ fibra fino agli armadi stradali e ad oggi dà 30 Megabit in download. In futuro potrà arrivare a 100 Megabit (con la tecnologia vectoring) e forse persino a 300 Megabit (con quella “phantom”).
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Al momento non ci sono certezze e non è detto comunque ci si riesca in tutte le zone coperte da Vdsl2. Purtroppo questa tecnologia è asimmetrica, come l’Adsl, ed ha nell’upload un grosso collo di bottiglia; per questo motivo nel lungo periodo si rivelerà limitata per le esigenze delle aziende.
Telecom aveva cominciato a coprire con Gpon-fibra ottica nelle case Milano (100 Megabit), ma ancora non è uscita dalla fase di sperimentazione e al momento non ha un piano di espansione della copertura con questa tecnologia.
La concorrenza
Metroweb sì, ma solo sul 25% della popolazione (e non è sicuro riesca a completare il progetto, visto che quella della fibra nelle case è una tecnologia molto dispendiosa, circa mille euro a unità abitativa coperta).
Fastweb ha un piano Vdsl2 su 20 città al 2014 ma, a quanto raccolgo dalle due aziende, le coperture saranno abbastanza sovrapposte. Insomma si faranno concorrenza sulle stesse aziende e famiglie.
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Ergo, se l’orientamento non migliora, i piani degli operatori privati si ritroveranno piuttosto lontani dagli obiettivi europei 2020.
I finanziamenti
Fondi europei per completare quelli degli operatori ci sono; con il contagocce però: ci sono 547 milioni di euro stanziati in un bando di gara in arrivo per il Sud. Altri ne arriveranno – si spera nei fondi infrastrutturali europei 2014-2020 – ma non illudiamoci troppo. Per completare gli attuali piani degli operatori e soddisfare gli obiettivi 2020, i fondi dovrebbero essere nell’ordine di alcuni miliardi di euro.
Le soluzioni
Ecco quindi che bisogna sperare in quella grande partita Telecom, perché la copertura in fibra ottica sia più ampia di quanto ora prospettato. I principali esperti tifano da anni per uno scorporo della rete, proprio per questo scopo (tra gli altri Maurizio Dècina, del Politecnico di Milano e ora consigliere Agcom).
Telecom sta studiando ufficialmente questa ipotesi, anche se per ora sulle modalità ci sono solo indiscrezioni. Del tipo: fare una newco in cui conferire la rete (con un po’ di miliardi di euro di debiti), venderne il 30% a Cassa Depositi e Prestiti.
H3G invece dovrebbe entrare in Telco (probabilmente al posto di Telefonica), che controlla Telecom. In questo quadro, l’operatore mobile 3 Italia potrebbe fondersi con Telecom. Non si sa se ci sarà uno scorporo né tanto meno se andrà con queste modalità.
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Certo è che la situazione di Telco è instabile, dal punto di vista finanziario. E Telecom ha bisogno di nuovi partner (meglio se pubblico-privati) per investire con la forza necessaria ad affrontare al meglio la prossima grande sfida nazionale: dare all’Italia una rete di nuova generazione degna di un Paese industrializzato.
Altrimenti, significa condannare le nostre infrastrutture tlc – le più importanti, perché reggono il business del futuro, quello digitale – a un destino da serie B.