Un grande portale generalista che lancia un’offerta di cloud computing pubblico per le Pmi: è quanto capitato a Libero, e può sorprendere coloro che hanno sempre associato questo marchio a servizi consumer basilari come la mail.
«Eppure, abbiamo fatto in Italia proprio come ha fatto Amazon nel mondo: sfruttare la propria esperienza da portalone per offrire il cloud», ci dice Antonio Converti, amministratore delegato di Libero Srl, che adesso vive come spin off di Wind. Si può dire che questa del cloud sia una delle primissime mosse di Libero come entità indipendente.
Solo sei mesi fa, un manager Wind (Sandro Allione, responsabile del Delivery and Service) a un convegno di Business International ha detto: «cloud, no grazie; l’abbiamo provato per Libero e ci siamo trovati male». Invece non avete perso tempo.
«È vero, tempo fa provammo VM-Ware e in effetti abbiamo avuto problemi di porting. Ma adesso abbiamo il 30 per cento di Libero sulla nostra nuova infrastruttura in cloud: l’home page di cloud, Libero Mobile (che ha tre milioni di utenti unici), alcuni canali».
«Ed entro metà del prossimo anno avremo tutto: compresa la mail e la community».
Con quali vantaggi?
«Risparmiamo oltre il 40 per cento dei costi. Ma abbiamo ridotto così anche il tempo-uomo per l’allocazione delle risorse ai diversi servizi. Con il cloud è tutto molto più elastico. Su Libero abbiamo servizi che salgono e che crescono, quanto a traffico generato. Con la nuova infrastruttura possiamo cambiare le risorse dedicate in modo dinamico e rapido».
Com’è questa nuova infrastruttura, che usate sia per Libero sia per la vostra offerta alle Pmi?
«Sfruttiamo una partership con l’americana Joyent, di cui usiamo il sistema operativo virtualizzato SmartOs, derivato di Open Solaris. Il che ci dà vantaggi rispetto al cloud tradizionale (tipo VM-Ware o Amazon). L’applicazione gira infatti sul kernel di SmartOs che sta sull’hardware».
«Nel cloud tradizionale c’è invece uno strato in più (quello del sistema operativo che virtualizza l’hardware). Guadagniamo così velocità di CPU e di accesso al disco, alla memoria. I datacenter dell’infrastruttura cloud sono di Itnet, a Roma e Milano, e utilizzano la rete di Wind».
Quali utilizzi pensate che possano fare le aziende italiane, del vostro cloud?
«Diciamo subito che il nostro target sono le Pmi. In effetti il nostro obiettivo è anche promuovere lo sviluppo delle Pmi in Italia, incoraggiandone l’arrivo su Internet grazie a un’offerta semplice ed economica.
Ne abbiamo due livelli. Il primo è Iaas (Infrastructure as a service): la Pmi compra un datacenter virtuale, dove può metterci il sito web o il negozio e-commerce. Ma abbiamo anche macchine più verticali: alcune sono specializzate in database; oppure un router intelligente utilizzabile dalle Pmi per bilanciare il traffico tra macchine front end (tipicamente di web server) e per avere servizi come la compressione on the fly dei contenuti, il caching».
Il secondo livello di offerta è invece il Paas (Platform as a service), ancora poco diffuso in Italia, a quanto riportano studi del Politecnico di Milano.
«Sì, sul Paas la Pmi trova nella macchina virtuale tutti gli strumenti per sviluppare le applicazioni, con linguaggio Node.js. Con il Paas ci rivolgiamo quindi alle web agency e agli individui che sviluppano applicazioni».
Un portale consumer che lancia un’offerta di cloud pubblico. Perché lo fate? Come vi è venuto in mente?
«Per vari motivi, gli stessi di Amazon. A parte ovviamente una banalità: il previsto boom del mercato cloud. Primo motivo: un portale come il nostro è un grande utilizzatore di infrastrutture informatica (nel vecchio datacenter avevamo mille server e 2 petabyte di storage). Portando su cloud risparmiamo tanto. Possiamo quindi tradurre questo risparmio in un vantaggio competitivo sul prezzo dell’offerta cloud, sfruttando una sinergia di costo».
Gli altri motivi?
«Il portale è un’applicazione mission critical: ha 100 milioni di pagine viste al giorno, che comportano 10 miliardi di richieste al server. Il fatto che il cliente condivide la stessa infrastruttura del maggiore portale italiano lo dovrebbe rassicurare. E’ segno di affidabilità e sicurezza dei servizi».
Ma perché, appunto, una Pmi italiana dovrebbe prendere il cloud da Libero invece che da Amazon, leader mondiale dello Iaas pubblico?
«Anche per questo ci sono parecchi motivi. Diamo di più a un prezzo inferiore, per esempio».
Le offerte standard vanno da 44 ero al mese (1 GB di Ram, 1 cpu) a 1.110 euro (64 GB di Ram, 12 cpu). La macchina più venduta su Amazon è quella con 2 GB di Ram. Noi, a parità di Ram, diamo maggiori prestazioni a 20 euro al mese di meno».
Abbiamo poi pacchetti di offerta a seconda delle diverse esigenze: un negozio in e-commerce in high availability, che vuole avere tutto duplicato, spende con noi 800 euro al mese. Si arriva a 4 mila euro se il cliente è un portale importante- per esempio di un grande quotidiano italiano».
«Possiamo suddividere tra due datacenter (Roma e Milano) le risorse che reggono uno stesso sito, per maggiore sicurezza. Il solo fatto di avere server in Italia è un vantaggio per la pmi, rispetto a offerte cloud estere. Per legge, alcuni tipi database le aziende possono tenerli solo in Italia. La vicinanza geografica si traduce inoltre in tempi di accesso migliori ai servizi».
Come intendete sviluppare la vostra offerta? Ci date alcune anticipazioni?
«Nel pacchetto metteremo anche servizi pubblicitari su Libero, che consentiranno di aumentare la visibilità del marchio e dei prodotti di un’azienda.
«Sfruttiamo ancora una volta il fatto di avere un portale da 13,5 milioni di utenti unici al mese. Nel 2012 potenzieremo l’offerta Paas, con piattaforme applicative più verticali: per fare applicazioni mobili (in partnership con Stackmob) e per Facebook».
«Nella seconda metà del 2012 offriremo inoltre anche il Saas (Software as a service): ad esempio per l’Erp (Enterprise resource planning), che credo sia l’applicazione più importante in Italia da avere in cloud, e Crm (Customer resource management)».
Resta un focus sul mercato italiano…
«Per ora: in realtà vogliamo avere un respiro europeo».
«Entro la prima metà del 2012 apriremo quindi il terzo polo del cloud nel Nord Europa, con un altro datacenter. Così potremo offrire servizi di buona qualità anche in altri Paesi».