PARC (Palo Alto Research Center) propone un nuovo, affascinante approccio al networking: le reti “content-centric”. Basate non più su un indirizzo astratto, ma sul significato dei contenuti, rappresentano la nuova filosofia del trasporto dell’informazione.
Il PARC è situato nella Silicon Valley, vicino al quartier generale di grandi imprese, università, centri di ricerca e di progettazione, e società di Venture Capital. Al Centro lavorano 170 ricercatori: fisici, informatici, biologi, ed esperti di scienze sociali e 60 tra impiegati e staff; provenienti da 46 paesi diversi di quasi tutte le principali lingue. Questa diversità contribuisce a creare un ambiente di collaborazione a più dimensioni, che attraversa le culture e le discipline scientifiche.
È in questo contesto che è nato un nuovo modo di vedere le reti di computer: il gruppo di ricerca guidato da Van Jacobson, guru delle reti e vincitore dei prestigiosi ACM SIGCOMM Award e IEEE Koji Kobayashi Computers and Communications Award, ha sviluppato un concetto di rete che rappresenta una vera rivoluzione copernicana. Van Jacobson spera di condurre una rivoluzione, che cambierà per sempre il nostro modo di visualizzare i PC in rete, portando i dati, non il server, al centro dell’attenzione.
A Jacobson piace raccontare una storia su un video che NBC postò nel Web durante le olimpiadi invernali 2006. Il video mostrava lo sciatore statunitense Bode Miller, che era stato squalificato durante la combinata alpina. Pochi secondi dopo la sua pubblicazione, la richiesta del video da parte di tantissimi utenti causò una grave congestione del traffico sul router a valle del server NBC. In quel momento, il router conteneva seimila copie dello stesso video. Seimila singole persone avevano fatto altrettante connessioni TCP/IP allo stesso server, e la rete non si poteva rendere conto che la maggior parte di questi collegamenti contenevano gli stessi dati. Non poteva capire che seimila video erano identici; non poteva fare nulla per alleviare la congestione del traffico.
È per dare una risposta a problemi di questo genere che Jacobson e la sua equipe stanno lavorando al progetto di reti basate sul contenuto: “Content Centric Networking” (CCN).
Il problema: isolamento, disconnessione e frustrazione
Come “abitanti” di Internet, viviamo praticamente isolati su isole di connettività, con le nostre risorse digitali sparse in computer con firewall, VPN, domini wireless instabili, e vari aggeggi come laptop, PDA e telefoni cellulari. Un compito che dovrebbe essere semplice, per esempio, ossia il recupero di un appunto sulle indicazioni stradali da un account di posta elettronica che sta in ufficio, mentre si viaggia in auto, richiede tempi lunghi e una noiosa configurazione manuale.
Le imprese si trovano di fronte problemi simili su vasta scala.
Informazioni cruciali relative a richieste dei clienti, transazioni, bilanci operativi e flussi di processo non risiedono più in banche dati gestite a livello centrale, ma in centri remoti. Ma quando le imprese cercano di scavare nella loro massiccia, non strutturata, e distribuita mole di dati, spendono più tempo per la configurazione e la connessione alle loro reti di quanto ne impiegano poi per analizzare le informazioni e acquisire conoscenze utili per il loro business. I ricercatori di PARC, pensano che la sincronizzazione e l’accesso alle informazioni non dovrebbero essere un compito così difficile.
Cambia lo scenario: dalla telefonata al cocktail
Le architetture di rete sono basate su ipotesi obsolete: protocolli a pacchetto per la distribuzione di dati attraverso reti sviluppate negli anni ’70, quando la gente non aveva scelta, ma doveva collegarsi a reti omogenee, statiche, usare un singolo mainframe che spesso era condiviso da tanti utenti e accedere a una quantità limitata di informazioni. Come risultato, il protocollo Internet (IP) che è ancora in uso oggi, invia dati a pezzi (identificati da un unico indirizzo IP globalmente conosciuto, topologicamente stabile) dall’origine alla destinazione, non importa quale sia il contenuto. È singolare che il successo di questi protocolli di rete obsoleti abbia creato un nuovo mondo di informazioni e posto un nuovo problema: tutto sembra essere, o vorrebbe essere, collegato a tutto il resto. Nell’ambiente di rete, oggi le persone possono: connettersi a reti diverse e dinamiche, in diversi momenti; utilizzare più dispositivi spesso mobili; accedere a una quantità sempre crescente di informazioni.
Considerando la proliferazione di dispositivi senza fili e peer-to-peer, multicast, broadcast, voice over IP (VoIP), e l’avvento del context-aware computing, i tempi sono maturi per un approccio fondamentalmente nuovo per la creazione delle reti. La rete di oggi è diversa da quella di ieri: la comunicazione in Internet si è spostata da conversazioni punto a punto tra host, alla diffusione delle informazioni da un punto a molti e contemporaneamente tra punti diversi. È la differenza che passa tra fare una telefonata tra due amici e ospitare un cocktail party.
Quali sono le implicazioni di questa differenza sull’architettura di rete? Non è possibile utilizzare un telefono per ospitare un cocktail party in cui le persone partecipano a più conversazioni, si muovono, ascoltano i discorsi degli altri e si rivolgono agli ospiti intorno a loro. Secondo l’attuale ipotesi di networking, l’elaborazione delle informazioni e l’attività legata ai contenuti avviene solo alle estremità della rete, come in una telefonata tra due persone. Tuttavia, l’invio di informazioni basate unicamente sulla posizione di partenza e di arrivo non consente alla rete di utilizzare al meglio le risorse disponibili e di ottimizzare le prestazioni sulla base delle interazioni tra le informazioni al suo interno.
La soluzione: da astratto a indicativo
Conosciuto anche come “rete di divulgazione” (dissemination networking), il content-centric networking sposta l’accento dalla trasmissione dei dati per posizione geografica, alla diffusione tramite contenuti chiamati per nome. L’approccio del progetto di PARC al networking “context-aware, content-centric”, cioè consapevole del contesto, centrato sul contenuto, consente al contenuto designato di migrare ovunque è necessario. Nel frattempo, i nodi di rete, meno congestionati, possono sfruttare meglio le loro potenzialità.
Il contenuto richiesto non deve risiedere in un punto particolare, eliminando la necessità di una topologia globale. Con il solo nome, qualsiasi dispositivo che ascolta la richiesta di dati è in grado di rispondergli. Utilizzando tutti i mezzi disponibili – IP, tunnel VPN, tecniche Zeroconf, multicast, proxy, e così via – la rete acquisisce le richieste di contenuti e le recapita all’utente La rete stessa non ha importanza, CCN non cambia i canali esistenti, ma li usa per ristrutturare il modo di gestire le risorse di rete e la distribuzione delle informazioni.
Il risultato: abilitare la rete umana
La rete content-centric supporterà applicazioni nuove ed emergenti, comunicando per conto dell’utente, focalizzando l’attenzione su ciò che egli realmente vuole. In questa prospettiva si è in grado anche di esprimere un’intenzione alla rete: per esempio, un genitore che lavora da casa può affidare alla rete la priorità delle sue e-mail di lavoro sul traffico web del figlio adolescente. Poiché la rete si auto-organizza, il networking centrato sul contenuto elimina la necessità di giri lunghi e farraginosi. Il contenuto si sposta dove occorre, nella maniera più efficiente possibile.
In definitiva, il progetto CCN ci sta avviando verso una nuova generazione di rete che:
- facilita la mobilità, il rilevamento autonomo, e l’accesso wireless, utilizzando a volte semplici e veloci protocolli locali;
- abilita le tue informazioni e consente alla rete di essere sempre disponibile, anche in luoghi con limitate risorse di rete (compresi i paesi in via di sviluppo e i contesti dove le risorse vengono rese disponibili su richiesta);
- permette che la comunicazione avvenga con qualsiasi cosa, in qualunque momento, dovunque.
CCN incrementa radicalmente il rendimento della rete su larga scala perché:
- migliora l’efficienza di almeno tre ordini di grandezza;
- riduce la congestione e la latenza, perché le informazioni identiche e quelle irrilevanti non sono ripetutamente inviate attraverso gli stessi canali;
- aumenta l’affidabilità perché le informazioni vengono consegnate con qualsiasi mezzo a disposizione;
- riduce i tempi di set-up, la configurazione manuale, i costi operativi.
Per saperne di più:
Van Jacobson “A New Way to Look at Networking – Talk at Google”