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Nuova governance per l’Agenda Digitale: i prossimi passi

di Alessandro Longo

Pubblicato 10 Giugno 2014
Aggiornato 26 Ottobre 2018 12:23

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Il Governo Renzi accelera sull'Agenda Digitale: nuove deleghe, roadmap aggiornata dei prossimi obiettivi e focus sui dossier pe i quali colmare il gap rispetto alla tabella di marcia.

Mentre parte il primo grande switch off previsto nell’Agenda Digitale, cioè l’obbligo alla fatturazione elettronica verso la PA centrale, la governance di questi temi va verso un grosso cambiamento. Se in bene o in male, è ancora presto per dirlo. Ma è positivo un fatto, anche piuttosto nuovo per l’Italia: il Governo vuole accelerare con la trasformazione.

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Cambio di rotta

Sembrano ormai rotti gli indugi che hanno tenuto banco fino a poco fa: la svolta è stata l’assegnazione delle deleghe per l’Agenda alla ministra Marianna Madia per la PA Digitale. E aggiungiamoci anche – più in sordina – le recenti deleghe alle TLC al sottosegretario allo Sviluppo economico Antonello Giacomelli.La settimana scorsa si sono viste le prime conseguenze a cascata sulla governance: le dimissioni del direttore generale dell’Agenzia per l’Italia Digitale il cui ruolo centrale è oggi centrale dato che non abbiamo più un commissario per l’Agenda Digitale (com’era Francesco Caio, alla Presidenza del Consiglio): l’Agenzia diventa il cuore tecnico-operativo dell’impalcatura, a contatto con il ministero delegato.

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Agostino Ragosa è stato convinto a lasciare l’Agenzia dopo due anni tribolati, in cui non ha mai potuto agire appieno (per numerosi motivi, tra cui l’assenza di uno Statuto fino a febbraio e – tuttora – la mancata nomina di alcuni suoi organi, come il Comitato di Indirizzo e il Collegio Revisore dei Conti). Nominato dal Governo Monti, non ha avuto vita facile durante le ultime due legislature. Il suo addio può essere letto in tanti modi e certo si possono fare parecchie dietrologie. Diciamo, per semplificare – tanto, ormai, fa parte del passato – che le dimissioni rientrano in un clima di rinnovamento che investirà l’Agenda Digitale targata Governo Renzi.

Roadmap primi passi

Che tutto questo sia un’accelerazione per il cambiamento lo dimostra un altro fatto: Madia vuole fare in fretta, straordinariamente in fretta, con la nomina del nuovo direttore. Già ha pubblicato il bando di gara, a cui chiede risposta entro il 15 giugno. Di solito ci vogliono tre-quattro mesi per la nomina di un nuovo dirigente pubblico; in questo caso ce la potremmo fare anche per l’estate. Altro indizio: Paolo Coppola (renziano e principale esperto di Agenda nel PD), è stato nominato consulente di Madia per questi temi. Infine, il vice ministro all’Economia, Luigi Casero ha annunciato per settembre un nuovo pacchetto di decreti attuativi alla delega fiscale per incentivare anche la fatturazione elettronica tra privati.

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Allora, cosa possiamo aspettarci da tutti questi movimenti? Che Madia, il nuovo direttore e i ministeri competenti prendano in mano l’impianto dell’Agenda Digitale dandole una struttura organica. Che è proprio ciò che è mancato finora: le varie funzioni istituzionali e novità sono andate un po’ per conto proprio, fatta eccezione per il trittico – eredità di Caio – fatturazione elettronica, Anagrafe nazionale della popolazione residente e identità digitale, tre nodi centrali che smuovono numerosi altri tasselli.

La fatturazione elettonica spinge le PA e le aziende verso l’uso del digitale. L’Anagrafe unica serve a creare il primo impianto di database centrali con tutte le informazioni sul cittadino (di ogni tipo, non solo meramente anagrafico ma anche sanitario eccetera). L’identità digitale sarà il ponte diretto tra cittadini e servizi in grado di incentivarne la domanda (in prospettiva, anche l’offerta da parte dei privati).

I ritardi

Restano fuori il piano nazionale datacenter, quello per la banda larga e ultra larga, lo sviluppo di competenze digitali tra cittadini e imprese (mettiamoci dentro anche la Scuola). Il Governo dovrà quindi accelerare anche sulla una strategia organica che porti avanti tutti i dossier. Ma il diavolo è nel dettaglio e il ritardo è dietro l’angolo per colpa della burocrazia e delle inefficienze procedurali.

Una prova su tutte: il rinvio al 2015 inoltrato per l’eliminazione del digital divide (confermato da Infratel, inhouse dello Sviluppo Economico). Il termine doveva essere il 2013 (Decreto Sviluppo Bis 2012, che ha dato il via all’Agenda), poi rinviato al 2014. Per la banda ultra larga servono da  2,5 miliardi di euro (30 Megabit a tutti) a 7,1 miliardi (100 Megabit al 50% degli italiani), ma la strategia del Governo per lo stanziamento di questi fondi finora è stata carente.

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Le incertezze sono anteriori alla svolta, alla nomina di Madia e a tutto ciò che ne è conseguito. La speranza è che su questa partita e su tutti gli altri temi – avvio di una struttura organica per l’Agenda – la musica sia davvero cambiata. Visto che sta partendo il semestre italiano alla Presidenza europea, non c’è mai stata occasione migliore, negli ultimi anni, per fare sul serio con il digitale.