Social media, cloud, big data, intelligenza artificiale, ICT per la sostenibilità ambientale, fatturazione elettronica, sistemi di electronic information sharing: sono le tecnologie considerate fondamentali per misurare il tasso di sviluppo digitale delle imprese, in base alle quali l’Italia si posiziona fra i top performer in Europa.
Non siamo diventati improvvisamente un paese super digitalizzato, anzi continuiamo a essere in coda all’indice DESI sulla digitalizzazione del Sistema Paese, ma a pesare in questo senso sono soprattutto la scarsa digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e la carenza di competenze digitali. Viceversa, le nostre imprese sono nella top ten europea, come si evince dall’analisi dei dati contenuti nel rapporto Ambrosetti «Verso un’Italia cashless: le opportunità del PNRR e i trend innovativi nel mondo dei pagamenti», che contiene un focus sulla digitalizzazione delle imprese.
Indice DESI: Italia in coda
L’Italia nell’indice DESI passa dal 25esimo al 20esimo posto in Europa, tuttavia non è un reale miglioramento perché la classifica è stata realizzata cambiando i parametri e applicando nuove regole, per cui risultiamo arretrati di una posizione. Significa che la pandemia Covid, pur rappresentando uno stimolo alla digitalizzazione, nel nostro Paese ha avuto un impatto contenuto rispetto a quanto successo nel resto d’Europa.
Perchè l’Italia è indietro nel Digitale
A penalizzare l’Italia sono la scarsa digitalizzazione della Pubblica Amministrazione (25esimo posto) e la carenza di competenze (24esimo), mentre le imprese siamo all’ottavo posto, con un buon livello di integrazione nelle strategie di business delle sette tecnologie sopra riportate. L’indice DESI misura tuttavia soltanto il livello di adozione delle tecnologie e non il modo in cui vengono integrate nel business. Non si evince, pertanto, se vengono utilizzate per attività a basso oppure ad alto valore aggiunto.
La digitalizzazione delle imprese
Un approfondimento, rappresentato da una survey Ambrosetti sul livello di maturità digitale delle imprese, chiarisce meglio i criteri di utilizzo delle tecnologie digitali nelle imprese italiane. Lo studio si focalizza su quattro parametri: maturità digitale e gestione della supply chain, adozione dell’e-commerce B2B e B2C, impatto del Covid sulla digitalizzazione, prospettive future.
Il gap fra digitalizzazione percepita e reale
Le imprese hanno una percezione elevata del proprio livello di maturità digitale (il 66,3% ritiene che sia alto o medio-alto), che però registra una costante flessione con il decrescere delle dimensioni. Le grandi aziende hanno una percezione del proprio livello di maturità digitale che sfiora il 90%, nelle imprese di medie dimensioni il valore scende al 71,6%, nelle piccole imprese al 65%. Il punto è che fra il livello percepito e quello reale si registra una differenza: il gap medio rilevato in base ai dati ISTAT è pari a 30,6 punti percentuali, con valori più elevati fra le aziende piccole.
Fra le motivazioni di questo gap, si evidenziano alcuni elementi: la digitalizzazione è utilizzata soprattutto per eliminare il cartaceo e gestire i clienti, mentre non è valorizzata sul fronte dell’integrazione della supply chain. Le tecnologie più usate riguardano la gestione documentale e gli strumenti di scambio dei documenti come le email, mentre in coda alla classifica ci sono soluzioni di robotic automation, monitoraggio dei processi, integrazione dei sistemi di pagamento nel processo di fatturazione
L’e-commerce B2B
Sul fronte e-commerce siamo relativamente indietro, in particolare sul fronte del B2B: più della metà delle aziende non ha canali digitali per il B2B e una su quattro non sta nemmeno valutando di adottarli. Sul B2c i dati sono migliori, ma comunque solo il 33% delle imprese prevede una componente di e-commerce B2C.
Fra le criticità, la mancanza di interesse strategico, prodotti e servizi non adatti al canale online, necessità di relazione umana per l’acquisto, controparti che non hanno il canale online, carenza di personalizzazione delle piattaforme, limiti ai sistemi di pagamento disponibili. Si rilevano quindi da una parte problematiche di percezione interna all’azienda sui benefici del digitale, dall’altra carenze esterne (limiti dei partner commerciali o dei fornitori di tecnologie).
La pandemia come stimolo al digitale
La pandemia Covid ha potenziato gli investimenti in digitale, il cui peso sul fatturato è passato dall’1 al 5%, e il 44,3% ha puntato sul B2b. Anche qui, però, emerge per esempio una criticità sul fronte dei pagamenti elettronici. Il 71,5% delle aziende si è concentrata sulla gestione del ciclo ordine-consegna-fatturazione, solo il 29% sull’integrazione di sistemi di pagamento elettronici, e il 13% su protocolli di scambio di dati nella supply chain.
Digitalizzazione imprese: trend e prospettive
Sul fronte dei pagamenti digitali, viene sottolineato il dato incoraggiante relativo al 59% di imprese che intendono potenziare questo aspetto. E il 49,1% delle imprese ritiene strategica l’integrazione fra i canali B2C e B2C. In sostanza, sono tre le criticità fondamentali evidenziate in materia di digitalizzazione: il gap fra percezione della propria maturità digitale e stato dell’arte (per esempio, eccessiva concentrazione degli investimenti digitali verso innovazione a basso valore aggiunto, come la gestione documentale e l’eliminazione del cartaceo), scarsa integrazione di strumenti di pagamento digitale con l’e-commerce B2B, limitata diffusione dell’e-commerce B2B e di nuove forme di pagamento.