Che Aruba lavori con le medie e grandi imprese e con le pubbliche amministrazioni non è una novità, anzi. «Abbiamo fornito più di 50 milioni di tessere sanitarie allo Stato italiano», ricorda Stefano Sordi, direttore commerciale Aruba. Ma ora ad Arezzo hanno deciso che i tempi sono maturi per aprire una vera e propria divisione interamente dedicata al mondo dei big. O anche alle imprese di medie dimensioni che fanno investimenti IT importanti e richiedono quindi un rapporto stretto con il partner tecnologico.
La divisione
L’ufficializzazione della divisione Enterprise è il naturale completamento di un percorso di crescita e l’inizio di una più forte azione di posizionamento dell’azienda su una fascia di mercato importante come quella degli enti pubblici e delle medie e grandi imprese sia a livello nazionale che internazionale.
Stessa analisi da parte di Giorgio Girelli, general manager di Aruba Enterprise: «abbiamo ritenuto che fosse arrivato il momento per aprire una vera e propria divisione».
Per le diverse tipologie di clienti e di servizi sono necessari approcci diversi.
Un team formato da 250 persone (su un totale di circa 700 dipendenti di Aruba in Italia) si concentrerà esclusivamente sulla clientela enterprise, che «ha bisogno di condividere il proprio bisogno, di confrontarsi con il resto del mercato».
Il modello operativo
Il modo in cui queste imprese vengono seguite può essere suddiviso in tre diverse fasi. «All’inizio seguiamo il cliente con un account dedicato, che ha due obiettivi: trovare la migliore soluzione, condividere l’esperienza fatta su altri player di mercato». Nel secondo step entra in gioco il project manager, che insieme al team di delivery riesce a portare i servizi alla fase di esecuzione. Infine, il service manager, che insieme all’Assistenza continua a seguire il cliente per garantire i livelli di servizio contrattualizzati, identificando eventuali criticità e promuovendo i necessari cambiamenti, sul fronte della tecnologia o dei processi.
Tutto è iniziato con il Global Cloud Data Center di Ponte San Pietro. Una struttura all’avanguardia, il più grande d’Italia e fra i primi in d’Europa, che sta già iniziando una nuova fase di espansione. Una sfida, quella di Aruba, che viene lanciata in un momento non del tutto roseo per l’economia, con l’Italia in recessione tecnica e le stime di crescita 2019 ridimensionate.
Proprio in questi momenti bisogna lanciare nuove sfide. Quando si riducono i costi invece che investire, il futuro dell’azienda è segnato.
Sulla stessa linea Gabriele Sposato, nuovo numero uno del Marketing Aruba. «Il rallentamento non ci fa paura, al momento non lo avvertiamo particolarmente. Ma potrebbe addirittura aiutarci, perché in questi momenti diventa strategico per le imprese ripensare i processi, investire in infrastrutture e magari ricorrere all’outsourcing», cercando un partner IT che dia un valore aggiunto al business.
Casi pratici
Qualche esempio, emblematico proprio in ottica enterprise:
Decathlon ha portato avanti con Aruba il progetto Digital Doc, per la dematerializzazione dei dati. Risultati? Un contratto digitale, spiega Marco Labianca, Buyer Officer di Decathlon Italia, costa il 35% in meno, non solo perché si risparmia sulla carta ma sull’intero processo.
Nexive ha invece puntato sul data center di Ponte san Pietro, prima con una migrazione e poi con un upgrade di tutte le tecnologie. Risultato: maggiore flessibilità (ad esempio, per la gestione dei periodi di picco come le festività natalizie) e taglio dei costi operativi del 30%.
La vision
La propensione alla crescita ha sempre caratterizzato la storia di Aruba. Un trend confermato per il 2019 in termini di investimento in infrastrutture e competenze. Sul fronte del mercato i margini ci sono. A dimostrarlo, i dati presentati da Hervè Renault, numero uno per l’area Emea di VMware, partner di Aruba: per il colosso americano, il cloud è la divisione che cresce di più, ha raggiunto il 15% del fatturato totale, quasi raddoppiando nel giro di pochi mesi (era all’8% sei mesi fa). «In Italia, Aruba è il nostro primo provider, di gran lunga».
Dunque, come sottolinea lo stesso Sposato, il mercato ha possibilità di crescita. Non solo: «non ci sentiamo outsider che competono con i big, sui data center ormai siamo fra i big. Possiamo offrire il massimo dell’eccellenza e in più restiamo flessibili, veloci, pronti, nell’ascolto e nell’esecuzione».
Il 2019 è un anno per il quale sono previste cifre importanti di budget per tutti i segmenti di business di Aruba. E «sarà anche l’anno in cui ripartirà il cantiere di Ponte San Pietro, che si ingrandisce». All’interno del Campus saranno realizzati altri due data center, mentre un nuovo auditorium «aprirà spazi anche a una nuova Aruba, per il territorio locale e le imprese che potranno organizzare eventi in un contesto altamente tecnologico e sfidante».
Sullo sfondo, la realizzazione del Hyper Cloud Data Center di Roma su un’area di 74mila mq: come quella di Ponte San Pietro, anche quella romana sarà una struttura completamente green, con edifici di classe 4 (Rating 4), in grado quindi di resistere a qualsiasi calamità naturale, sempre nell’ottica di garantire la massima sicurezza dei dati.