Si fa un gran parlare di Cloud Computing e del fatto che sia o meno utilizzabile a livello aziendale, analizzandone i pro ed i contro e, soprattutto, i costi. Sinteticamente e sostanzialmente, consiste nella possibilità di erogare servizi in modo trasparente all’utenza, attraverso dei server centralizzati.
Da sempre, però, il Cloud Computing è considerato a rischio per due aspetti, sicurezza e continuità del servizio, talmente macroscopici da essere citati persino da Wikipedia alla voce “critiche”.
Ebbene, i timori sono suffragati da un nuovo studio, realizzato da Compuware.
Secondo questa recente analisi, l’adozione di questa tecnologia per l’erogazione dei servizi sarebbe tanto attrattiva quanto rischiosa, ragion per cui un considerevole numero di responsabili aziendali ne starebbe rallentando i tempi di adozione (più del 50%).
Risulta dallo studio che oltre il 70% degli utilizzatori ha difficoltà a garantire performance coerenti con i livelli di servizio e che la gestione degli SLA (Service Level Agrement) non è sufficientemente rigorosa da garantire dei risultati apprezzabili per l'utenza finale.
Lo scetticismo deriva dal fatto che le aziende hanno finora sempre operato misurando la propria attività su strutture interne, per le quali sono in grado di valutare i tempi di risposta a fronte di eventuali problemi infrastrutturali.
Con il Cloud computing il controllo non è più nelle mani delle aziende che erogano il servizio. Ora è il provider del servizio ad essere depositario del sistema e, conseguentemente, dei tempi di risposta a fronte di malfunzionamenti e disservizi.
Oltre a questi aspetti organizzativi, c’è sicuramente un problema in termini di misurazione delle performance previsionali e, la mancanza di indicatori certi è un rischio che difficilmente un'azienda può sottovalutare.
Il problema delle performance non all'altezza dei requisiti di Qualità , che ormai tutte le aziende che forniscono beni e servizi si pongono, non è il solo.
Un ulteriore aspetto non secondario è legato alla legislazione vigente in ambito di riservatezza dei dati. Come hanno testimoniato recenti casi affiorati sulla stampa, Google e Facebook per citarne due, la gestione di dati riservati è un fattore delicato e sovente sottovalutato.
Quali conseguenze si è in grado di subire in termini di immagine (ma anche penali) nel gestire dati aziendali, sensibili o no, su un sistema fuori dal diretto controllo dei titolari degli stessi?
La crittografia risolve solo parte del problema: i dati sono inutilizzabili ma il flusso degli stessi può essere “sniffato” rendendo vani gli sforzi fatti per innalzare le opportune difese.
Se andiamo a rispolverare un autorevole parere datato 2008, espresso da Richard Stallman rileviamo come il pensiero espresso allora assuma un nuovo peso alla luce dello studio Compuware.
Richard Stallman, uno tra i primi fautori dell’Open Source e fondatore di GNU, ha dichiarato il Cloud Computing contrario alle logiche aperte o, per usare le sue parole “Cloud computing is a trap”.
Ancor più definitivo nel suo giudizio, Stallman afferma: “It’s stupidity. It’s worse than stupidity: it’s a marketing hype campaign”.
Secondo Stallman depositare i propri dati su un sistema di un fornitore esterno, significa di fatto legarsi mani e piedi al fornitore, con tutte le conseguenze che già si conoscono e che si subiscono quando si utilizza software commerciale. Oltre a ciò si è esposti ed indifesi di fronte ad utilizzi volutamente mirati a boicottare l'utilizzatore di tali servizi.
Di conseguenza, sempre secondo Stallman, il minor costo che si ha nell’utilizzo di servizi distribuiti mediante Cloud Computing è solo apparente, e sul lungo periodo i costi sono di gran lunga superiori.
Come si integrano i dati di Compuware con le previsioni di Stallman?
A quanto pare le perplessità di Stallman, probabilmente inascoltate all’epoca dell’intervista, oggi vengono rivalutate, anche se forse non in un’ottica del software libero.
Quello che lo studio Compuware non dice è se l'adozione di Cloud Computing ha effettivamente rappresentato un vincolo per le aziende che lo hanno adottato, ma forse per questo genere di valutazioni è ancora presto.