La soluzione esiste da un pezzo e si tratta di un nuovo protocollo basato sul progetto inizialmente battezzato Ipng (Ip next generation) e concluso con la realizzazione di indirizzi di rete a 128 bit.
IPv6 (Ip versione 6), questo il nome del nuovo protocollo ha, rispetto a IPv4, la codifica di attuale utilizzazione, una diffusione talmente bassa che, escludendo gli ambiti accademici e scientifici, non consente nemmeno di tenere in piedi il 10% della rete mondiale.
Secondo la “Number Resource Organization” (NRO), organizzazione che rappresenta cinque importati “registrar”, il numero di indirizzi IPv4 disponibili ha ormai superato quella che viene considerata la soglia critica.
«La scarsità degli indirizzi IPv4 non ci consentirà di mettere in atto l’ambizioso progetto di portare l’accesso ad Internet in ogni angolo del globo», ha dichiarato Axel Pawlik, presidente di NRO. «Abbracciare IPv6 permetterà di sviluppare un’infrastruttura tale da consentire alla Rete la connessione di miliardi di utenti e dispositivi per anni ed anni».
Il passaggio dall’ordine dei miliardi a quello dei milioni di miliardi di possibili indirizzi è un salto notevole che ha richiesto alcune modifiche sostanziali nel funzionamento del nuovo protocollo, ma ora tutto è pronto e non ci sono tecnologie da attendere.
Il NRO si sta adoperando per educare tutti, dagli operatori di rete, ai dirigenti d’azienda, sino ai rappresentati dei governi a proposito dell’importanza dell’adozione immediata di IPv6.
Uno dei principali problemi, che ne rallentano la diffusione, risiede nel fatto che molti server DNS root non gestiscono a tutt’oggi indirizzi IPv6, poiché l’hardware o il software non è stato ancora aggiornato.