La digitalizzazione dei documenti non è più soltanto un’esigenza dettata da motivazioni economiche e pratiche (un documento elettronico costa di meno e si gestisce più facilmente rispetto alla sua controparte cartacea), ma anche imposta dall’alto, con precise normative che ne prescrivono l’adozione capillare in tutti gli uffici della Pubblica Amministrazione. Ecco perché, quando ci si trova a lavorare con documenti elettronici, la loro interoperabilità assume una rilevanza fondamentale: è inutile avere un testo digitale se poi non può essere letto da tutti.
La questione ha suscitato innumerevoli dibattiti, incentrati sull’adozione dell’uno o dell’altro standard e quasi sempre in favore di formati “aperti” come l’ODF (Open Document Format). La discussione si è ulteriormente accesa con l’ingresso in campo di un colosso come Microsoft che, in tempi recenti, ha presentato il suo formato proprietario, l’OOXML (Office OpenXML). Nonostante non sia ancora riconosciuto come standard ISO, l’OOXML è già stato scelto da numerosi enti pubblici italiani, come la Regione Veneto e Provincia Autonoma di Trento. Ne parliamo con Andrea Valboni, National Technology Officer di Microsoft Italia.
Potrebbe spiegarci com’è nato il formato Open XML e a che punto è l’ottenimento dello standard ISO?
«Il formato Office OpenXML (OOXML) ha come precursore il formato XML di Office 2003, che per la prima volta permetteva di salvare i documenti prodotti da Word, Excel e PowerPoint in un formato documentale, che si appoggiava largamente su una sintassi XML. La tendenza ad andare verso formati documentali che permettessero la leggibilità non solo del testo ma dell’intera struttura documentale si è progressivamente rafforzata dalla fine dello scorso millennio, come risposta ad una crescente domanda di formati documentali che dessero garanzia di sopravvivere allo strumento che li aveva generati, e quindi di poter dare garanzia di conservabilità e di usufruizione nel lungo periodo di tempo. Va da sé che tali formati, data la loro caratteristica di leggibilità a prescindere da specifici strumenti e dall’uso di una sintassi XML, si prestassero ad essere soggetti ad un processo di standardizzazione, che garantisce l’utente finale sul controllo del formato dei documenti, non più in mano di un produttore di software ma di dominio di tutti coloro che vogliano accedere alle specifiche tecniche dello standard».
Nelle Pubbliche Amministrazioni, più che nelle imprese, è indispensabile soddisfare le esigenze di interoperabilità. Quali sono i vantaggi di scegliere l’OOXML invece dell’ODF?
«Il fatto che entrambi i formati siano standard (ODF noto come ISO 26300:2006, OOXML come ECMA-376, in fase di discussione presso ISO con la sigla DIS 29500), consente che le specifiche tecniche siano accessibili a chiunque voglia scaricarle dai siti degli enti di standardizzazione e quindi implementarle; questo fatto ha reso possibile il nascere di una serie di strumenti di conversione che portano da un formato all’altro con un buon livello di conservazione delle caratteristiche documentali di partenza».