Dopo gli arresti dei giorni scorsi che avevano visto finire in manette alcuni tra i presunti appartenenti alla frangia italiana degli Anonymous, era stata paventata la possibilità che i cracker rimasti in attività avessero potuto portare degli attacchi in segno di protesta, come una vera e propria ritorsione.
Così, pur non essendoci ancora delle certezze, l’attacco portato nella notte tra il 5 e il 6 luglio verso le banche dati di 18 università italiane, dai cui siti sono stati trafugati dati sensibili appartenenti ai docenti e agli stessi studenti, lascia presupporre che possa essere in qualche modo legato con le vicende che stanno riempiendo le pagine di cronaca in questi giorni.
Tra gli atenei coinvolti, lo ricordiamo, ci sono quelli di Bologna (Antoniano e Unibo), di Cagliari, di Milano (Politecnico, Bocconi e Bicocca), Bari, Foggia, Lecce, Messina, Modena, Napoli, Pavia, Roma, Salerno, Siena, Torino e Urbino. Dai database violati sono stati prelevati username e password, oltre a dati come nome, cognome, indirizzo, numeri di telefono, email e perfino il codice fiscale di moltissimi studenti e insegnanti.
La rivendicazione dell’attacco è arrivata tramite Twitter, dove un account chiamato “Twitter@LulzStorm” è stato utilizzato per postare alcuni messaggi da alcuni sedicenti componenti del gruppo LulzStorm, ritenuto molto vicino ad Anonymous.
Al momento le indagini si concentrano sulle motivazioni dietro tali azioni, anche se si preferisce al momento evitare di asserire con certezza che le ultime vicende siano legate agli arresti della legione italiana degli Anonymous.