Che sia giunto il momento per la concretizzazione delle nefaste prospettive pronosticate in alcuni film fantascientifici? Secondo Mark Gasson, ricercatore britannico della University of Reading, il corpo umano può essere portatore dei virus che tradizionalmente infettano apparecchiature elettroniche.
Questo è il risultato dell’esperimento a cui lui stesso si è sottoposto, portando per circa un anno con sé un chip RFID (simile a quelli comunemente utilizzati per l’identificazione degli animali) impiantato nella mano, con il quale agire sui sistemi di sicurezza delle porte installate nella struttura universitaria e capace di attivare il telefono cellulare.
La scoperta, rimbalzata sulle pagine di giornali e siti Web in tutto il mondo con toni spesso sensazionalistici, riguarda il fatto che compromettendo la stabilità del chip in questione con un virus e facendolo interagire con il sistema che gestisce l’apertura delle porte attraverso il contatto della mano, si è riusciti ad infettare l’intera infrastruttura.
Messi da parte i comprensibili stupori che una simile notizia può generare nell’opinione pubblica, cosa ne resta alla scienza? Innanzitutto la consapevolezza delle possibilità offerte da un campo ancora per lo più inesplorato come quello delle biotecnologie, dall’altro scenari poco rassicuranti in cui sarebbe possibile, con un po’ di fantasia, manomettere volontariamente dispositivi di importanza vitale, come pacemaker o altri impianti installati direttamente nel corpo umano. Troppa fantasia?