23andMe, il nostro DNA su Internet

di Alessandro Vinciarelli

Pubblicato 14 Novembre 2008
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:48

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Il titolo potrebbe generare d’impulso qualche preoccupazione. La sola parola DNA associata alla tecnologia induce molte menti a lasciarsi andare all’immaginazione più sfrenata.

Partiamo dai fatti. Giacomo Dotta ha pubblicato di recente un lungo articolo di un nuovo servizio disponibile per tutti, ma che gestisce informazioni assolutamente personali: 23andMe.

In pratica ogni utente di Internet può registrarsi al sito e richiedere un kit con il quale raccogliere un piccolo campione della propria saliva e rispedirlo al mittente. Dopo qualche giorno eseguendo il login al sito sarà possibile analizzare nel dettaglio moltissime informazioni che riguardano il nostro DNA, comprese mutazioni genetiche, predisposizione a malattie, caratteristiche particolari, ecc.

23andMe è stato recentemente insignito dal Time come “invenzione dell’anno”. Senza dubbio i commenti e le considerazioni iniziano ad essere una moltitudine. Ognuno ha una sua linea di pensiero che tende a far prevaricare la preoccupazione di una cattiva gestione dei dati, oppure l’entusiasmo per le enormi potenzialità dello strumento.

Come è possibile definire un metodo sicuro per verificare che queste informazioni estremamente sensibili vengano gestite in modo corretto? Chi impedisce la diffusione, anche clandestina, di dati che dovrebbero appartenere ed essere consultabili solo alla persona dai quali provengono?

Purtroppo a questi interrogativi se ne aggiungono altri che non riguardano strettamente la sicurezza delle informazioni, ma rappresentano un lato più etico e psicologico. È giusto che l’analisi del DNA sia avviata da una semplice procedura online? Gli utenti hanno la consapevolezza di che tipo di informazioni potrebbero emergere da un’analisi di questo tipo? Sono preparati anche dal punto di vista delle nozioni mediche per leggere il contenuto offerto dall’analisi, ovviamente senza male interpretare le informazioni e cadere in banali psicosi?

È molto difficile rispondere a queste domande, soprattutto perché una parte di noi ci suggerisce che può esistere un risvolto positivo di questa nuova possibilità di ricerca. Se opportunamente veicolate, le informazioni risultanti dall’analisi del campione biologico potrebbero effettivamente permettere la cura preventiva nei confronti di malattie ereditarie o altri problemi genetici. Inoltre la soluzione via Web permetterebbe una diffusione capillare dell’analisi genetica, pressoché in ogni parte del mondo dotata di connessione Internet.