È una decisione di qualche giorno fa che sicuramente si porterà dietro molte polemiche riguardanti i limiti e il confine della privacy.
Il Garante per la privacy ha autorizzato una società multinazionale all’utilizzo dei sistemi biometrici di tipo vocale per permettere ai dipendenti dell’azienda di recuperare le password che utilizzano quotidianamente per lavorare, in caso di perdita accidentale o dimenticanza.
Il sistema di recupero password, con la tecnica di riconoscimento vocale, va ovviamente a favore della sicurezza dei dipendenti, che non potrebbero recuperare i propri dati di accesso se non con l’utilizzo esclusivo della propria voce, un metodo perfetto per garantire la maggiore protezione possibile.
In ogni caso la società è tenuta comunque a informare in modo adeguato i dipendenti prima di effettuare la raccolta delle impronte vocali e a ricevere prima il loro consenso esplicito. Questo metodo infatti potrebbe essere considerato da molti come una vera e propria invasione della privacy. Nessuno può conservare, se noi non lo vogliamo, dati così individuali e delicati come la nostra voce.
Tra l’altro la società, come stabilito dal Garante, deve comunque avere a disposizione metodi alternativi a quello di riconoscimento vocale per reimpostare le password, per garantire una correttezza verso i dipendenti.
Le impronte vocali vengono registrate via telefono. Ogni dipendente dovrà pronunciare tre coppie di parole, ripetendo la procedura per quattro volte. La voce verrà registrata su un server e conservata.
Quando un dipendente dovrà reimpostare la password basterà che ripeta delle parole per farsi identificare correttamente dal sistema e automaticamente la parola di accesso che si vuole ricordare verrà automaticamente reimpostata e comunicata.
Il Garante ha comunque stabilito che in caso di licenziamento del dipendente o comunque nel caso in cui egli non lavori più nell’azienda tutti i dati registrati sul server per questo scopo debbano essere eliminati tempestivamente.