Ha suscitato scalpore, negli ultimi giorni, la notizia di un’attacco informatico a due dei più importanti laboratori di ricerche statunitensi: alcuni cybercriminali avrebbero violato i sistemi di sicurezza del Oak Ridge National Laboratory e del Los Alamos National Laboratory.
Riguardo all’Oak Ridge, i criminali sono riusciti ad accedere al database che conteneva i dati dei visitatori dal 1990 al 2004: in pratica, i cracker sono entrati in possesso di nomi, cognomi e altri credenziali. Sicuramente non si tratta di informazioni importantissime, ma alle persone interessate penso che abbia dato molto fastidio sapere che i loro dati anagrafici erano finiti in mano poco sicure.
Non è la prima volta invece, che i laboratori Los Alamos ricevono un attacco informatico: in passato già due volte questo centro ricerche è stato vittima delle azioni del cybercrime. La prima volta, furono rubati dati riguardanti la costruzione di armi nucleari e furono archiviati su una memoria USB; il secondo episodio invece è recente, simile al primo ma, invece di utilizzare una comune chiavetta USB, i criminali si sono avvalsi di alcuni server di posta creati ad hoc.
La tecnica usata questa volta, invece, è una delle più comuni: delle e-mail, contenenti cavalli di Troia, in grado di installare quanti più malware possibili, come spyware e keylogger. Il problema reale di tali attacchi restano i dipendenti delle aziende, che il più delle volte lavorano in modo sprovveduto dinanzi ai computer.
Eventi come questi comunque ci demoralizzano sempre più: se due colossi di tale calibro sono finiti nelle “grinfie” del cybercrimine, figuriamoci cosa può accadere a comuni utenti come noi. Resterò sempre del pensiero che nessun sistema informatico al mondo è impenetrabile, almeno che quest’ultimo non sia disconnesso dalla rete, o meglio dalla corrente elettrica, e sigillato in una scatola di piombo non apribile. 😉