La presenza della Pubblica Amministrazione su Twitter è ancora molto limitata, con meno di 300 account registrati e per la maggior parte tenuti inattivi: un quadro della situazione che mostra come il connubio con i social network sia ancora lontano nonostante tutte le buone premesse dell?Agenda Digitale.
A fornire qualche dato preciso sull?utilizzo di Twitter da parte degli enti pubblici italiani è l?edizione 2012 di #TwitterPA, il testo che racconta l?utilizzo del social nwtwrk nelle PA italiane sviluppato da Giovanni Arata in collaborazione con Nexa Center for Internet & Society del Politecnico di Torino.
Comuni, Province e Regioni non hanno ancora imparato a trarre beneficio da questa piattaforma di microblogging che si affianca a Facebook: sono solo 236 le amministrazioni comunali, a esempio, ad utilizzare un account su Twitter, mentre i Ministeri sembrano proprio non essere interessati a comunicare con gli ormai celebri “cinguettii?. Solo per citare alcune cifre, il Comune di Torino vanta più di 50mila follower , mentre il Comune di Napoli ne conta 12mila.
Secondo il rapporto, inoltre, viene a mancare la stessa capacità di utilizzare Twitter al meglio potenziando la comunicazione con gli utenti, basti pensare che nel 40,5% dei casi il social network non viene usato direttamente ma solo attraverso l?importazione automatica dei “post? attraverso Facebook o i siti ufficiali degli enti. Giovanni Arata sottolinea gli elementi più eclatanti scaturiti dallo studio:
«Il Rapporto 2012 presenta due elementi di particolare rilievo, uno in positivo ed uno in negativo. In positivo: cresce in modo sensibile la capacità delle PA di usare le funzionalità sociali del social; l?impiego della funzione di retweet è complessivamente più che raddoppiata [dal 15% al 33,3% del campione], quella dell?hashtag quasi triplicata [dal 15,6% al 42,3% del campione] e anche le mention sono usate in maniera molto più estensiva, con una crescita dal 7,5% al 23,4%. In negativo, i dati empirici mostrano una sempre più forte polarizzazione tra realtà grandi e quelle piccole a tutti i livelli: frequenza di aggiornamento, uso funzioni evolute, interazione coi cittadini. Esiste insomma una sorta di digital divide su base dimensionale che penalizza i piccoli.»