Come restituire la dimensione sociale e culturale all’e-Government? Cercare risposte in questa prospettiva è probabilmente il passaggio che manca al compimento del “cambiamento” avviato con le politiche per l’innovazione di gestione della Pubblica Amministrazione, quella che viene definita la “rivoluzione digitale” ? e che segue il momento della informatizzazione di fatto esaurita con la saturazione del mercato hardware nella PA negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso. Perché, di fatto, quando oggi si parla di digitalizzazione il riferimento non è alle premesse di un processo infrastrutturale che è prassi ormai consolidata, come l’adozione e l’utilizzo dei più comuni strumenti informatici, bensì ai suoi effetti: il raggiungimento degli obiettivi di efficacia, efficienza, economicità che devono caratterizzare l’azione amministrativa e che sono ? in parte ? obiettivi di miglioramento gestionale e ? in parte ? obiettivi di miglioramento del rapporto con il territorio (inteso come relazione con i suoi attori, cittadini ed imprese, ed inteso nei suoi aspetti di gestione dei servizi reali al territorio).
Tra gli obiettivi strategici fissati più e più volte in sede di programmazione e di indirizzo a livello centrale, e più volte ripreso ? ed anche esemplificato in certe buone pratiche ? dai diversi livelli di governo territoriale (Regioni ed Enti Locali), quello della dematerializzazione sembra rappresentare molto efficacemente la distonia che corre tra l’accettazione di un modello di riforma di aspetti gestionali particolarmente critici per il buon funzionamento della macchina amministrativa (la gestione documentale e procedimentale delle comunicazioni a valore legale), e la resistenza, o se vogliamo lo scetticismo, con cui uno stesso modello viene recepito per l’effettivo utilizzo quotidiano all’interno della PA, ma anche da parte dei suoi utenti. Una distonia singolare se confrontata, ad esempio, con le pratiche di dematerializzazione ampiamente consolidate nella cultura e nella gestione aziendale, anche nei rapporti verso gli utenti e tra questi e le imprese: si pensi, in primo luogo, ai sistemi di Banca online, o comunque multicanale, ampiamente diffusi e, appunto, socialmente accettati; ma si pensi anche al ciclo della fatturazione elettronica (e quindi alla organizzazione delle procedure di gestione documentale) nei rapporti tra fornitori e clienti; o, ancora, ai sistemi di acquisto online nonché alla gestione delle gare in forma telematica, largamente adottate anche dalle grandi imprese.
L’attuale contesto normativo, relativamente al protocollo informatico ed ai sistemi di gestione documentale introdotti attraverso il DPR 445/2000 e da qui confluiti nel D.Lgs 82/2005 “Codice della PA Digitale” (successivamente aggiornato ed integrato nel D.Lgs 159/2006), per molti aspetti ha ben poco da aggiungere alle premesse dei processi di dematerializzazione: norme e tecnologie progressivamente integrate ed implementate da una regolamentazione che offre supporto e garanzie per l’utilizzo della firma digitale, della Posta Elettronica Certificata, della conservazione sostitutiva. Secondo alcune simulazioni (fonte: InfoCert società consortile delle CCIAA italiane) la gestione documentale vale, in termini di costi, oltre il 2% del PIL; un obiettivo di dematerializzazione pari ad almeno il 10% del volume attuale genererebbe un risparmio (reiterabile su base annua) di 3 miliardi di Euro.