La Camera ha dato il via libera al disegno di legge sull’autonomia differenziata, segnando una svolta storica nella gestione dei poteri regionali. Con 172 voti favorevoli, 99 contrari e un astenuto, il provvedimento è ormai definitivo, nonostante le critiche dell’opposizione che teme un ampliamento del divario tra Nord e Sud.
Il sì al provvedimento segue l’approvazione al Senato del ddl costituzionale che prevede l’elezione diretta del Presidente del Consiglio, lasciando prefigurare importanti cambiamenti di scenario per la politica italiana.
Come cambiano le competenze con l’autonomia differenziata
L’autonomia differenziata permette alle Regioni di esercitare maggiore autonomia legislativa su una vasta gamma di materie di competenza concorrente e, in alcuni casi, su materie di competenza esclusiva dello Stato.
Tra le aree di competenza che le Regioni possono gestire autonomamente vi sono:
- Rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni
- Commercio con l’estero
- Tutela e sicurezza del lavoro
- Istruzione
- Ricerca scientifica e tecnologica
- Tutela della salute
- Ordinamento sportivo
- Protezione civile
- Governo del territorio
- Grandi reti di trasporto e navigazione
- Ordinamento della comunicazione
- Produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia
- Coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario
- Valorizzazione dei beni culturali e ambientali
Come si redistribuiscono gettito fiscale e risorse
La cosiddetta legge Calderoli è uno degli storici cavalli di battaglia della Lega e prevede una significativa redistribuzione delle risorse pubbliche.
Le Regioni potranno infatti trattenere il gettito fiscale, che non sarà più redistribuito a livello nazionale in base alle necessità collettive. Questo aspetto ha sollevato molte preoccupazioni in seno all’opposizione di governo, perché potenzialmente rischia di ampliare in modo inesorabile il già marcato divario tra le Regioni più ricche del Nord Italia e quelle più povere del Sud.
Finanziamento dei LEP: cosa cambia
Uno dei punti più contestati riguarda poi il finanziamento dei livelli essenziali di prestazione (LEP), che rappresentano gli standard minimi di servizio necessari per garantire i diritti sociali e civili tutelati dalla Costituzione.
Ebbene, la legge quadro prevede sì che i LEP siano definiti per diverse aree, ma molti settori chiave – come i servizi sociali e il trasporto locale – non hanno ancora LEP stabiliti. Il Governo ha ora 24 mesi per emanare i decreti legislativi necessari a determinare livelli e misura dei LEP.
Stato e Regioni avranno poi cinque mesi per raggiungere un accordo. Le intese potranno durare fino a 10 anni, con possibilità di rinnovo o di cessazione anticipata con un preavviso di almeno 12 mesi.
Monitoraggio tramite Cabina di regia e CLEP
Per garantire l’equità nella distribuzione delle risorse e dei poteri, è stata istituita una Cabina di regia, supportata dal Comitato per i Livelli Essenziali di Prestazione (CLEP). Questo comitato, guidato dal giurista Sabino Cassese, avrà il compito di determinare i costi e i fabbisogni dei servizi pubblici essenziali.
Il CLEP è composto da 61 esperti di alto profilo, inclusi il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco e il presidente della Scuola nazionale dell’amministrazione Paola Severino.
I rischi per il divario tra Nord e Sud
Il provvedimento ha suscitato forti critiche, soprattutto per il rischio di radicalizzare l’atavica distanza tra Nord e Sud in termini di efficienze, ricchezza e servizi pubblici.
Le Regioni più ricche potrebbero sfruttare la propria situazione economica per offrire servizi migliori, mentre quelle più povere potrebbero rimanere indietro, aggravando ulteriormente i loro storici ritardi.
Questo scenario è stato definito dalle voci più critiche come “secessione dei ricchi”.
Pro e contro
L’approvazione della legge sull’autonomia differenziata rappresenta una svolta significativa nella gestione dei poteri regionali in Italia. Se da un lato offre la possibilità di una gestione più vicina ai cittadini, dall’altro solleva comprensibili preoccupazioni riguardo alla possibile accentuazione delle disuguaglianze territoriali.
Il futuro di questa riforma dipenderà molto dall’efficacia con cui saranno definiti e implementati i livelli essenziali di prestazione, e dalla capacità delle istituzioni di garantire un equilibrio tra le diverse aree del Paese.