Fuori i Cinquestelle, dentro Fratelli d’Italia: si potrebbe riassumere così la decisione del Governo di commissariare l’INPS e destituirne il presidente (“padre spirituale” M5S del Reddito di Cittadinanza).
Il Governo Meloni ha previsto una nuova governance senza più tale figura – storicamente una posizione “forte”, come quella che ad esempio fu dell’autorevole economista Tito Boeri, predecessore dall’attuale presidente uscente – e riducendo la durata della carica del direttore generale al pari di quella dei membri del cda (quattro anni).
Alla luce del nuovo cambio della guardia, cosa potrebbe cambiare per la riforma pensioni ferma da mesi sui tavoli di concertazione? Proviamo a definire alcuni scenari ipotizzabili.
Nuova Governance INPS: effetti sulla riforma pensioni
Con un blitz del 3 maggio (non molto dissimile da quello che , il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legge che prevede il nuovo assetto, semplificando la sostituzione rapida di una controparte “scomoda” (uomo simbolo del precedente Governo e poco incline ad una nuova riforma pensioni potenzialmente pericolosa per la sostenibilità del sistema previdenziale).
Entro 10 giorni dall’entrata in vigore del decreto, sarà nominato un commissario straordinario tanto in attesa di un accordo politico nell’ambito della maggioranza sulla nomina del nuovo “volto” dell’INPS, secondo le indiscrezioni destinato ad un esponente dei Fratelli d’Italia.
Una mossa che potrebbe in qualche modo supportare una ripresa del dibattito su un tema politicamente forte come quello delle pensioni, caro tanto alla Lega quanto a FdI.
Le misure di riforma pensioni care alla maggioranza
Se è vero che oggi la Quota 41 per tutti (e non solo per i precoci) non è oggettivamente sostenibile, non è però detto che il Governo non colga l’occasione per rimettere mano alla questione – in parallelo alla riforma del RdC e alle nuove politiche per il lavoro del Ministro del Lavoro, Marina Calderone – anche se non è detto che questa accelerazione sia foriera di buone nuove per gli aspiranti pensionati.
Questo, però, vorrebbe anche dire niente proroga di Quota 103 (come si era vociferato) e occhi puntati sull’obiettivo di fine legislatura, ossia la famosa Quota 41 (se non per tutti, comunque con perimetro allargato).
Vorrebbe però dire nessuna riforma pensioni 2024 nel frattempo. E l’assenza nel DEF di risorse messe da parte per la riforma potrebbe persino essere un segnale di stretta.
Si tratta ovviamente di scenari futuribili e di mere ipotesi; i prossimi giorni ci diranno chi sarà il nuovo numero uno dell’INPS (e quali saranno le sue posizioni nei confronti di misure come l’Opzione Donna, ormai pericolosamente in bilico) e dopo l’estate si comincerà a lavorare alla Legge di Bilancio 2024, storicamente la sede che finora ha sempre ospitato la riforma previdenziale pensata dal governo in carica. Non solo: entro il 27 settembre sarà presentata la NaDEF (Nota di aggiornamento al DeF), dove potrebbero fare la loro comparsa le risorse per un avvio di riforma pensionistica.