Al referendum del 12 giugno si vota in tutta Italia su cinque quesiti che riguardano le giustizia, mentre si scelgono anche consigli comunali e sindaci in 971 Comuni. I seggi sono aperti dalle 7 di mattina alle 23 di sera. Lo scrutinio per il referendum inizia dopo al chiusura, per le amministrative dal 13 giugno. Vediamo con precisione per cosa si esprime preferenza elettorale e come si vota.
Referendum sulla giustizia: quesiti e schede
Il referendum interessano 50 milioni 915mila 402 elettori, di cui 4 milioni 735mila 783 all’estero. I cinque quesiti riguardano i seguenti argomenti, con relativa scheda:
- Legge Severino per l’incandidabilità dei condannati in via definitiva (scheda rossa),
- custodia cautelare (scheda arancione)
- separazione delle carriere dei magistrati (scheda gialla),
- consigli giudiziari (scheda grigia),
- firme per le candidature al CSM (scheda verde).
Come di consueto, perché i referendum siano validi, devono votare almeno il 50% degli aventi diritto. Gli elettori possono andare al seggio senza esprimere il voto su tutti e cinque i referendum, non contribuendo quindi al raggiungimento del quorum del 50% per i quesiti sui quali non si esprime il voto. Vedremo più avanti le regole precise, dopo l’analisi dei cinque quesiti.
Legge Severino
Il primo quesito propone di abrogare il divieto di candidare e ricoprire cariche elettive e di Governo dopo sentenze definitive di condanna per delitti non colposi:
Volete voi che sia abrogato il decreto legislativo 31 dicembre 2012, n.235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n.190)?
La legge che si chiede di abrogare, il decreto legislativo 235/2012, è la cosiddetta Severino, dal nome della ministra della Giustizia che lo predispose. Prevede, in estrema sintesi, che non possano essere candidati ed eletti i condannati in via definitiva con pene superiori a due anni di reclusione per reati penali di carattere sociale (terrorismo, mafia), contro la pubblica amministrazione (come peculato, corruzione o concussione), o altri reati non colposi che prevedono pene superiori a quattro anni. La legge prevede anche la sospensione dalla carica già ricoperta nei casi in cui viene emessa la sentenza definitiva in corso di incarico. E la sospensione dalla carica per un massimo di 18 mesi anche in casoi di condanna non definitiva. Molto in sintesi: la condanna è definitiva dopo il pronunciamento della Cassazione, o dopo qualsiasi grado di giudizio nel caso in cui l’imputato non ricorra in appello. La condanna di primo o di secondo grado non è definitiva se l’imputato ricorre (in appello dopo la condanna di primo grado, o in Cassazione dopo il secondo grado di giudizio).
- Chi vota SI, si esprime a favore dell’abrogazione della Severino, quindi a favore della possibilità di eleggere persone condannate in via definitiva, a meno che la sentenza di condanna non lo escluda (in pratica, si tornerebbe alle regole precedenti al 2012, che consentivano la candidatura di tutti coloro per i quali non ci fosse una sentenza che esplicitamente lo vietasse.
- Chi vota NO vuole mantenere l’attuale divieto di presentarsi alle elezioni o assumere incarichi di Governo per chi ha condanne in via definitiva.
Custodia cautelare
Il quesito riguarda l’eliminazione di una specifica fattispecie di custodia cautelare, relativa alla reiterazione del reato:
Volete voi che sia abrogato il decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n.447 (Approvazione del codice di procedura penale) risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.274, comma 1, lettera c), limitatamente alle parole: “o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, in caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all’art. 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195 e successive modificazioni”?
Attualmente, la custodia cautelare (cioè, la possibilità di arrestare) è prevista per tre motivi: inquinamento delle prove, pericolo di fuga, e pericolo di reiterazione del reato (per delitti che prevedono condanne ad almeno quattro anni, che salgono a cinque per la detenzione in carcere). Il referendum propone di limitare la custodia cautelare nei caso di reiterazione del reato.
- Chi vota SI si esprime a favore della limitazione della custodia cautelare, che non sarebbe più applicabile ai casi di pericolo di reiterazione del reato.
- Chi vota NO vota per non modificare l’attuale legge, che prevede la custodia cautelare nei termini sopra esposti.
Separazione delle carriere
L’elettore si esprime sull’abrogazione delle norme in materia di ordinamento giudiziario che consentono il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle inquirenti e viceversa nella carriera dei magistrati. Il quesito è molto lungo, perché sostanzialmente propone l’abrogazione di tutte le norme del sistema giudiziario che disciplinano la separazione delle carriere. In base all’attuale impianto normativo, il magistrato nel corso della sua carriera può esercitare sia con funzioni giudicanti (quindi, emettendo la sentenza), sia con funzioni inquirenti (quindi, rappresentando la pubblica accusa). I Tribunali hanno funzioni giudicanti, gli uffici della Procura hanno funzioni inquirenti.
- Chi vota SI esprime l’accordo ad abrogare le norme che al momento regolamentano i passaggi dalla funzione giudicanti a quella requirente (un magistrato può cambiare funzioni al massimo quattro volte nel corso della carriera lavorativa).
- Chi vota NO si esprime contro la separazione delle carriere e a favore dell’attuale impianto legislativo.
Poteri dei Consigli giudiziari
Mira ad introdurre la possibilità dei membri laici di intervenire sulle periodiche valutazioni sui magistrati da parte degli organi di autogoverno. Ogni quattro anni, il CSM (Consiglio Superiore della Magistratura) valuta i magistrati sulla base di pareri, non vincolanti, del Consiglio direttivo di Cassazione e consigli giudiziari. Attualmente, i membri laici di questi ultimi due organi non possono partecipare alle valutazioni sui magistrati. Il referendum chiede di comprenderli.
- Chi vota Si si esprime a favore dell’apertura nei confronti dei membri laici alla possibilità di partecipare alle valutazioni sui magistrati (chiedendo di abrogare la legge che lo impedisce).
- Chi vota NO ritiene invece che sia migliore l’attuale disposizioni in base alla quale su queste questioni possono esprimersi solo i membri togati.
Elezioni del CSM
Riguarda le regole per la presentazione delle candidature al CSM (Consiglio Superiore della Magistratura) dei membri togati, cioè dei magistrati. Il CSM, organo di autogoverno dei magistrati, è composto da tre membri di diritto (presidente della Repubblica, che lo presiede; primo presidente della Corte di Cassazione; procuratore generale della stessa Corte di Cassazione) ed altri 24 componenti, che sono invece eletti nel seguente modo: il Parlamento elegge un terzo dei membri, in pratica gli otto membri laici (non magistrati) mentre i magistrati eleggono i restanti due terzi, quindi 16 membri togati. Il Referendum riguarda quest’ultimo aspetto: attualmente, un magistrato che vuole essere eletto al CSM deve raccogliere almeno 25 firme di altri magistrati, il quesito propone di abrogare l’obbligo di questa raccolta firme.
- Chi vota SI si esprime a favore dell’abrogazione della raccolta firme per presentarsi come membro togato alle elezioni del CSM.
- Chi vota NO invece vuole mantenere l’attuale regole che prevede la raccolta di firme.
Regole di voto referendum
Si vota dalle 7:00 alle 23:00 di domenica 12 giugno, i risultati dei referendum si conosceranno nella notte fra domenica e lunedì. Per votare bisogna presentarsi al seggio con documento di identità valido e scheda elettorale. Chi non ha un documento di identità può validamente votare se viene riconosciuto da un membro del seggio (scrutatore, presidente) o da un altro elettore del Comune, che deve presentare il suo documento di identità e garantire. Chi ha chiesto la carta d’identità elettronica e non l’ha ancora ricevuta, può validamente presentare la ricevuta rilasciata dal Comune della richiesta di rilascio. Le schede elettorali si richiedono al Comune di residenza (ufficio elettorale). E’ possibile andare agli uffici elettorali del Comune per l’intera giornata del 12 giugno, nell’orario di apertura dei seggi.
Il referendum è valido sono se votano almeno il 50% degli aventi diritto (tecnicamente, se si raggiunge il quorum). Se non c’è il quorum il referendum non è valido, quindi non rileva il fatto che abbiano vinto i NO o i SI.
Voto e quorum anche parziale
L’elettore può presentarsi ai seggi e votare solo per alcuni dei quesiti proposti. Concorre così al quorum per i singoli quesiti referendari e non al quorum di quelli per i quali non vota. L’elettore ha dunque la possibilità di esprimersi a favore o contro il referendum, decidendo se votare o non votare, e se esprimersi nel merito della questione votando Si o NO ai quesiti.
Per non votare, non si deve ritirare la scheda. Se si ritira la scheda e la lascia bianca oppure la si annulla, si concorre al quorum. Quindi, per riassumere, l’elettore può presentarsi al seggio e ritirare solo alcune schede referendarie, quelle per le quali decide di partecipare al quorum.
Una volta ritirata la scheda, per esprimere un voto valido bisogna solo barrare la casella del SI o del NO. Qualsiasi altra scritta sulla scheda la fa annullare.
Elezioni amministrative del 12 giugno
La tornata amministrativa riguarda i Comuni sopra i 15mila abitanti. Si vota anche per il rinnovo di 971 Comuni, eleggendo consigli comunali e sindaci. Si tratta di 142 Comuni con popolazione superiore a 15mila abitanti e 829 pari o inferiore.
Si vota in 22 capoluoghi di provincia e quattro di regione (Alessandria, Asti, Cuneo, Como, Lodi, Monza, Belluno, Padova, Verona, Gorizia, Genova, La Spezia, Parma, Piacenza, Lucca, Pistoia, Frosinone, Rieti, Viterbo, L’Aquila, Barletta, Taranto, Catanzaro, Palermo, Messina, Oristano).
Gli elettori di questa tornata amministrativa sono 8 milioni 831mila 743 elettori (rilevazione alla data dell’8 giugno 2022). In questo caso, non vale la regola del quorum prevista per i referendum: l’elezioni amministrativa è sempre valida a prescindere dal numero dei votanti che si recano al seggio. L’unica eccezione è rappresentata dai Comuni sotto i 15mila abitanti in cui si presenti un’unica lista. In questo caso, perché l’elezione sia valida ci vuole un quorum del 40%, e fra i votanti l’unica lista deve ricevere almeno il 50% dei voti.
Le regole di voto sono le stesse, bisogna presentarsi al seggio dalle 7 alle 23 di domenica, con documento di identità e tessera elettorale.
- Nei Comuni fino a 15mila abitanti c’è una sola tornata, al termine del quale viene eletto sindaco il candidato che ottiene più voti. L’elettore può barrare sulla scheda il nome del candidato sindaco prescelto, il simbolo della lista che lo sostiene, o entrambi. In ogni caso, il voto di lista viene automaticamente attribuito al candidato sindaco della stessa. In questi Comuni, l’elettore non può disgiungere il voto (cioè votare per una lista e per un candidato sindaco sostenuto invece da una diversa lista). Se il Comune ha meno di 5mila abitanti, oltre al voto di lista si può esprimere una preferenza, se il comune è fra i 5mila e i 15mila abitanti si possono segnare due preferenze.
Nei Comuni sopra i 15mila abitanti c’è invece il doppio turno, con i ballottaggi il 26 giugno fra i due candidati sindaci che hanno ottenuto più votai. Non si procede al ballottaggio se un candidato supera il 50% dei voti al primo turno. Anche qui c’è un massimo di due preferenze.
Ricordiamo infine che, in base alle regole sulla parità di genere, le due preferenze (in tutti i casi in cui sono previste), devono riguardare candidati di sesso diverso. Quindi, l’elettore può o esprimere una sola preferenza, o esprimerne due verso candidati di sesso diverso. In caso contrario, resta valido il voto alla lista ma non la preferenza. Le preferenze sono valide se si segna solo il cognome, oppure anche il nome e cognome per esteso del candidato.