Ammontano a 23 miliardi di euro i crediti che i Comuni italiani non riescono a riscuotere, una cifra emersa dai bilanci 2016 che mostra un aumento del 15% rispetto all’anno precedente. Sono dati resi noti da Cerved, che sottolinea come le risorse mancati riguardino il gettito di tasse come IMU, TARI, TASI, TOSAP (occupazione di spazi pubblici), ma anche entrate patrimoniali come multe stradali o rette scolastiche, crediti sorti da almeno 12 mesi da contabilizzare in una specifica voce di bilancio.
La PA, così come le aziende private, dovrebbe cercare di rientrare dei crediti nella più alta percentuale possibile e in poco tempo, in modo da avere la liquidità necessaria per pagare i fornitori ed erogare i servizi ai cittadini – commenta Marco Nespolo, amministratore delegato Cerved -. La soluzione è affidarsi a chi ha sviluppato strumenti e procedure dedicate che permettono di intervenire tempestivamente in via bonaria e stragiudiziale, recuperando tra il 30 e il 40% del denaro nell’arco di settimane o di mesi, mentre affidarsi alle cartelle esattoriali significa seguire un iter burocratico che fa passare in media 5 anni per arrivare a incassare non oltre il 5%.
Dal punto di vista territoriale, i Comuni del Centro-Sud vantano circa 506 euro di crediti per abitante non incassati da più di 12 mesi mentre la media italiana è pari a 207. Decisamente più virtuose sono le amministrazioni comunali di Trentino Alto Adige (51 euro), Veneto (56), Friuli Venezia Giulia (70) e Lombardia (84), Piemonte (94), Marche (96).
Gravi carenze sono state rilevate anche nei Comuni con almeno 100mila abitanti, tanto che a Napoli, Reggio Calabria, Roma e Salerno i crediti sorti da oltre 12 mesi sono abbondantemente oltre i 1000 euro a persona, con un’incidenza che supera il 100% delle entrate correnti.