Motivare la PA con il Welfare

di Alessia Valentini

7 Novembre 2011 11:00

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In che modo il welfare aziendale può essere una risorsa anche per la pubblica amministrazione: le richieste dei dipendenti, gli interventi possibili. Un'indagine Edenred.

In tempi di crisi economica e di provvedimenti tesi a contenere la spesa, il sistema della Pubblica Amministrazione è particolarmente sotto osservazione.

Diverse misure si possono intraprendere per apportare innovazione nella PA tuttavia se è necessario risparmiare non è detto che tagliare sia l’unica soluzione percorribile, e se deve essere perseguita forzatamente, potrebbe essere coadiuvata almeno da un sistema di welfare aziendale teso a ri-motivare le risorse già impiegate e soprattutto a stimolare nuovamente i giovani talenti.

Cambiare le politiche di gestione dei dipendenti pubblici potrebbe seriamente riavviare un sano e funzionale servizio pubblico a qualunque livello di funzione e settore.

Richieste per il welfare aziendale

Una recente ricerca effettuata da Edenred in collaborazione con The European House – Ambrosetti dal titolo “Nuova impresa e nuovo mercato del lavoro: persone e organizzazioni di fronte alle prossime sfide” evidenzia come i giovani dipendenti italiani dimostrino sempre maggiore attenzione ai benefit anche non economici e alle prospettive di crescita a loro offerti dalla aziende.

Viene giudicata molto importante la possibilità di bilanciare i tempi di vita e impegno professionale, oltre alla libertà e capacità di sperimentare in maniera personale la propria esperienza lavorativa, attribuendo autonomamente i valori fondamentali. Non si deve però commettere l’errore di pensare che questo valga solo per le aziende private, anche nel pubblico infatti l’attenzione ai dipendenti e ai giovani talenti non può essere abbandonata pena un ovvio decadimento delle prestazioni e del servizio verso il pubblico. E visto che soldi non ce ne sono, forse è opportuno intervenire sul welfare aziendale che, come testimonia la ricerca, è un’area particolarmente gradita.

L’indagine è stata condotta su un campione di giovani fino ai 35 anni e su un panel di manager e responsabili delle risorse umane. Più della metà degli intervistati, il 55,1%, ritiene basilare, per la definizione del proprio lavoro ideale, la possibilità di conciliare al meglio la giornata lavorativa con gli impegni personali. Pure ritenuta fondamentale dal 60% del campione, è la possibilità di crescita e di sviluppo delle proprie capacità accedendo a percorsi di professionalizzazione. Certo l’aspetto economico non viene dimenticato dal 66,5% che auspica e desidererebbe benefit economici ad integrazione dei salari di base ma emerge anche una forte domanda di servizi a sostegno della famiglia quali telelavoro, convenzioni, asili nido, servizi per anziani, manifestata dal 48% dei giovani. Nelle realtà lavorative dei dipendenti intervistati esistono progetti di worklife balance (51,8%) ma in realtà non vengono applicate seriamente. E i diretti responsabili delle aree di Organizzazione del personale confermano questa difficoltà di mettere in pratica realmente le politiche di conciliazione fra vita privata e lavorativa anche per scarsa valorizzazione e comunicazione delle iniziative stesse. Infatti nelle aziende ben il 25% dei dipendenti dichiara di non conoscere nessuno dei progetti eventualmente presenti in azienda.

Interventi possibili

Questa indagine mostra bisogni precisi da parte della classe dipendente italiana, con esigenze condivise sia nell’area privata sia in quella pubblica. Le aziende pubbliche come le private, devono mettere in atto iniziative in grado di rafforzare il rapporto con i dipendenti, attuando una strategia di lungo periodo che punti sulla valorizzazione del capitale umano e nella costruzione di relazioni profonde e durature, ma anche basate sul un concetto del proprio lavoro come elemento di valore per la comunità. Questo sembra immediatamente vero per tutti i servizi al cittadino, dalla scuola, alla sanità, alle forze dell’ordine, la protezione civile, ma deve poter essere applicato anche ai lavoratori amministrativi di ogni pubblica amministrazione locale o centrale, che certo non sono tutti fannulloni.