Il Pentagono vuole vederci chiaro e ha affidato l’inchiesta sulla fuga di notizie alla stessa unità di intelligence criminale dell’Esercito che sta indagando sul giovane soldato Bradley Manning, accusato di aver passato a Wikileaks il video dell’attacco di un elicottero Apache a Baghdad in cui hanno perso la vita numerosi civili tra cui un fotografo della Reuters.
Si tratta di quella che è già stata definita la più grande fuga di notizie della storia americana: ben 91.731 documenti sul conflitto in Afghanistan. Almeno 144 incidenti tenuti nascosti. A rivelarli sono stati gli utenti/redattori del sito Wikileaks, che hanno passato le anticipazioni al New York Times, al Guardian e al settimanale tedesco Der Spiegel.
Fonte delle informazioni – secondo le indiscrezioni – sarebbe sempre Bradley Manning, soldato di 22 anni, ma questa volta potrebbe aver avuto l?assistenza di altri militari.
Secondo fonti del Pentagono, migliaia di persone potrebbero avere le password per accedere a documenti come quelli messi in piazza da Wikileaks. Nel presentare lo scoop, il fondatore di Wikileaks, Julian Assange, ha sostenuto che dall?analisi dei documenti potrebbero emergere prove per incriminare le forze alleate per crimini di guerra. Il consigliere per la Sicurezza della Casa Bianca, James Jones ha invece affermato che le rivelazioni «possono mettere a rischio la vita degli americani e dei nostri alleati».
«Si tratta – ha aggiunto – di una minaccia alla sicurezza nazionale». Il Pentagono ha preso tempo per valutare i danni delle rivelazioni ed ha aperto un?inchiesta interna: «Serviranno giorni, se non settimane – hanno fatto sapere dal quartier generale del Dipartimento della Difesa – vogliamo assicurarci che non ci siano altre persone in possesso dei documenti».