Ieri mattina, il sito istituzionale degli archivi federali russi era già bloccato, sommerso da più di 600mila collegamenti. Ad attirare così tanti mouse sulle pagine web di “rusarchives” sono stati i documenti sull’eccidio staliniano di Katyn, messi on line dall’archivio di stato russo su decisione del leader del Cremlino Dmitri Medevdev.
Tali documenti, in realtà, non sono inediti, ma vengono divulgati per la prima volta sul sito di una istituzione ufficiale del Paese, dove la verità sulla vicenda è ancora messa in dubbio da alcuni e strumentalizzata su alcuni testi di storia.
Molta parte degli atti e delle testimonianze scritte (116 elementi su 183) restano invece ancora coperti dal segreto di Stato. Qualora il sito tornasse online, sarebbe la prima volta che un presidente russo utilizza Internet per rendere pubblico un documento così scottante.
Il cosiddetto “dossier numero uno“, ovvero quel pacchetto di documenti che prova la responsabilità dell’Unione Sovietica nel massacro di Katyn contiene, tra l’altro, la lettera con cui Lavrentij Beria – capo della polizia segreta – propose a Stalin la fucilazione di 22mila prigionieri polacchi, missiva che il dittatore controfirmò rispondendo con: “Sono favorevole”.
A far collassare il server del sito – spiega la portavoce degli archivi, Nina Buravchenko – sono stati i click provenienti dalla Polonia, ma anche dall’Ucraina e dalla stessa Russia.
Dalla Polonia arriva inoltre la maggior parte delle richieste circa un’apertura totale alla trasparenza. La popolazione dell’ex stato satellite dell’Unione Sovietica, infatti, vorrebbe veder pubblicata la cosiddetta “lista bielorussa di Katyn” che comprenderebbe i nomi di circa 4 mila militari polacchi uccisi sempre nell’ambito dell’eccidio staliniano di Katyn nel 1940 nella zona di Minsk (ora in Bielorussia).