Continua l’invettiva del Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione, Renato Brunetta, contro i dipendenti pubblici fannulloni. Dopo la notizia giunta dal Comitato contro la pirateria digitale, che il 30% dei downolad dei file pirata viene scaricato dai dipendenti statali, questa volta bersaglio dei suoi strali sono i “fannulloni web 2.0“, ossia i lavoratori della Pubblica Amministrazione che navigano sui social network durante l’orario lavorativo.
Secondo Brunetta, infatti, l’uso di Facebook distoglierebbe i lavoratori dai propri compiti, proprio perciò il ministro ha annunciato a breve l’installazione di un filtro per impedire agli statali di accedere dalle proprie postazioni di lavoro al popolarissimo social network.
Già qualche tempo fa, alcuni enti pubblici avevano limitato l’accesso a Facebook e affini dal posto di lavoro. Tra essi, il Comune di Milano, Poste Italiane, le Regioni Lombardia e Veneto, mentre altre lo hanno soltanto limitato: ad esempio il Comune di Torino consente la navigazione libera sui social network solo per un’ora durante la pausa del pranzo, mentre il Comune di Napoli ha convertito la pausa caffè in “pausa socializzazione virtuale”.
Ciò non toglie che il social network più amato dagli italiani sia utilizzato da enti, istituzioni e personaggi pubblici per la diffusione di servizi e news, dall’Arma dei Carabinieri all’Inps a Regioni come la Puglia e Comuni, fino allo stesso Ministro Brunetta.
A sostenere la teso opposta a quella di Brunetta, vi è una ricerca svolta dall’Università di Melbourne, secondo la quale l’uso di Facebook, YouTube e Twitter rende i dipendenti più produttivi del 9%, poichè il divertimento migliora la concentrazione, ma sempre entro i limiti, durante le pause.
E all’estero? In Gran Bretagna e Canada i social network sono bloccati perché ritenuti un limite alla produttività, ma negli Stati Uniti il Presidente Obama ha ideato momenti di socializzazione interna studiati per mantenere i contatti di lavoro e promuovere l’intercambio professionale e la formazione.
Impazza intanto la polemica contro il film di Paolo Virzì “Tutta la vita davanti“, che racconta in modo provocatorio il mondo del precariato italiano. «Chi mitizza la figura del precario – ha dichiarato Brunetta – mi fa letteralmente schifo, perché è solo strumentalizzazione politica». Secca la replica di Massimo Ghini, tra gli interpreti del film: «L’obiettivo di quella pellicola era denunciare la difficile situazione dei precari. E Brunetta, invece di essere così aggressivo e superficiale dovrebbe invece impegnarsi a trovare una soluzione per tanti ragazzi che si ritrovano precari, e quindi sfruttati, per una vita».