L’art. 118 della Cost. It., modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, esplicita il principio di sussidiarietà: «le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà».
Giuridicamente la sussidiarietà si pone in relazione diretta e derivata con il decentramento riconosciuto nei principi fondamentali della Cost.It. all’art.5. In sostanza si stabilisce una “efficace sinergia” tra corpo sociale e Stato: da una parte le comunità locali si organizzano nel rispetto dei modelli culturali tradizionali e dall’altra lo Stato può risparmiare sui servizi migliorandoli. La sussidiarietà si potrebbe pertanto riassumere con “più governo e meno gestione da parte dello Stato”.
Tuttavia la sussidiarietà non può essere intesa sono in senso verticale, con una ripartizione delle competenze sulla base del decentramento, ma anche in senso orizzontale, riconoscendo l’auto-organizzazione e l’autonomia degli enti intermedi. Il principio di sussidiarietà così inteso è indispensabile per il rinnovamento della PA e può rappresentare il trait d’union tra decentramento e federalismo.
Già con la Legge n.59 del 1997, la ormai nota Riforma Bassanini, la lettura in senso orizzontale del principio rappresentava la chiave di attuazione dei processi di riforma della Repubblica in senso ascendente, con un ribaltamento del criterio di ripartizione di competenze tra Stato, autonomie locali e private.