Se un dipendente pubblico che a 65 anni ha raggiunto anche il limite contributivo può chiedere di essere posto in pensione al compimento dell’età anagrafica prevista?
Nel settore pubblico, è importante distinguere tra l’età ordinaria per la pensione e i cosiddetti “limiti ordinamentali” che possono portare al pensionamento d’ufficio prima del raggiungimento dell’età di vecchiaia.
L’età pensionabile ordinaria è 67 anni per il trattamento di vecchiaia, come previsto per tutti i lavoratori dall’art. 24 della legge n. 214/2011. Tuttavia, esiste un cosiddetto “limite ordinamentale” specifico per alcune categorie di dipendenti pubblici.
Tale soglia consente all’amministrazione di collocare a riposo d’ufficio il dipendente al compimento dei 65 anni, qualora abbia già raggiunto almeno il requisito contributivo per la pensione anticipata (42 anni e 10 mesi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne) o quello per la pensione di vecchiaia (20 anni di contributi).
Tale norma è disciplinata dall’art. 4 del DPR n. 1092/1973 e aggiornamenti successivi, come la Legge Madia (n. 124/2015), che stabilisce che l’amministrazione può procedere al pensionamento d’ufficio del lavoratore al compimento dei 65 anni solo se sono stati maturati i requisiti contributivi per la pensione.
In alcuni casi, il dipendente pubblico può chiedere di prolungare il servizio fino ai 67 anni (età di vecchiaia ordinaria) se non ha raggiunto il massimo contributivo o se l’amministrazione decide di concedere il prolungamento. Tuttavia, questo secondo caso non è un diritto automatico ma è soggetto all’approvazione dell’amministrazione.
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Nel suo caso specifico, se a 65 anni ha già maturato il diritto alla pensione, l’amministrazione può richiedere il suo pensionamento d’ufficio. Tuttavia, se desidera rimanere in servizio, può presentare domanda per continuare fino a 67 anni, sempre che l’amministrazione approvi tale richiesta. Di contro, può fare domanda di pensione. Se invece non ha raggiunto il diritto autonomo, allora dovrà attendere di compiere 67 anni per potersi ritirare.
La circolare n. 2/2015 della Funzione Pubblica chiarisce alcuni aspetti relativi al collocamento a riposo d’ufficio per i dipendenti pubblici, legati in particolare al raggiungimento dei requisiti per la pensione anticipata.
Affrontando una modifica normativa introdotta dalla Legge di Stabilità 2015 (legge n. 190/2014) – che consente all’amministrazione di collocare a riposo d’ufficio i dipendenti che hanno maturato i requisiti per la pensione anticipata (42 anni e 10 mesi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne, requisiti aggiornati a partire dal 2014) – la circolare sottolinea il fatto che, una volta maturati i requisiti contributivi per la pensione anticipata, l’amministrazione può decidere di cessare il rapporto di lavoro con il dipendente.
Un dipendente che viene collocato a riposo d’ufficio in base a questo principio non subirà penalizzazioni economiche legate al ritiro anticipato, poiché il pensionamento anticipato non prevede tagli all’importo della pensione maturata.
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Chiedi all'espertoRisposta di Anna Fabi