Nel contratto dei dipendenti pubblici nel comparto Funzioni centrali (ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non economici) si studia l’inserimento di una misura di age management. Una forma di trattenimento in servizio fino a 70 anni, su base volontaria, che preveda attività di mentoring e che rimandi pertanto la pensione.
In pratica, si affiancherebbero i colleghi più giovani trasmettendo esperienza e favorendo il ricambio generazionale.
La perdita di professionalità esperte, con la massiccia ondata di pensionamenti dei cosiddetti boomers da qui ai prossimi anni, è infatti uno dei temi critici nel mondo del lavoro in generale e nella Pubblica Amministrazione in particolare.
Age management nel contratto della PA centrale
La bozza di rinnovo del CCNL per il triennio 2022-2024 è stata presentata dall’ARAN, l’agenzia per la rappresentanza negoziale delle PA, nell’incontro negoziale con i sindacati del 24 settembre, a cui seguiranno altri appuntamenti nelle prossime settimane.
Il nuovo contratto contempla anche la possibilità di stimolare lo smart working per i lavoratori più anziani, un aumento di stipendio intorno al 5,74% e ipotesi di salario accessorio che potrebbe portare l’incremento della retribuzione al 6%.
Per quanto riguarda gli aumenti tabellari, invece, la proposta come detto prevede aumenti del 5,74%, che in termini assoluti vanno dai 110,4 euro lordi al mese per gli operatori a 193 euro per le elevate professionalità. Qui la richiesta sindacale è di aumenti più consistenti, che recuperino il più possibile l’inflazione.
Antonio Naddeo, presidente ARAN, ha sottolineato come le norme sull’age management e sullo smart working siano state al centro del confronto con i sindacati. Per il datore di lavoro pubblico:
la proposta sull’age management vuole essere una risposta concreta alle sfide poste dal progressivo invecchiamento della forza lavoro nel pubblico impiego e punta a valorizzare il capitale umano lungo l’intero arco della vita lavorativa, promuovendo al contempo l’efficienza organizzativa e il benessere dei dipendenti. Una scelta che non va contro i giovani, ma ma vuole attivare, all’interno delle amministrazioni, politiche innovative di gestione del personale, che coinvolgano attivamente tutti, indipendentemente dall’età.
I dubbi sullo strumento
Secondo la FP-CGIL, lo strumento non è adeguatamente declinato e rischia di essere una forma surrettizia di superamento dell’età pensionabile, su cui il sindacati esprimo contrarietà. Non sembra esserci però una chiusura totale: la sigla confederale è favorevole a «inserire norme (e risorse) utili a favorire una maggiore e diversa valorizzazione dei lavoratori più esperti, o anche solo con una età più avanzata rispetto alla media del comparto/ente, per i quali prevedere il passaggio a una funzione o un ruolo di addestramento o per favorire lo scambio di competenze nei confronti di altri colleghi e/o dei nuovi assunti».