La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha emesso una sentenza che potrebbe cambiare le regole del gioco per molti lavoratori in Europa. La decisione riguarda il riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata durante contratti a tempo determinato, che fino a oggi poteva essere ignorata una volta che il lavoratore veniva assunto a tempo indeterminato.
La sentenza del 19 settembre 2024, che riguarda un caso sollevato dal Tribunale civile di Padova e che coinvolge il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), offre importanti chiarimenti sull’applicazione del principio di non discriminazione per i contratti a termine.
Calcolo retribuzione: vale anche il lavoro a termine
La pronuncia, che si rifà alla Direttiva 1999/70/CE, stabilisce che i periodi di lavoro svolti con contratti a tempo determinato devono essere presi in considerazione nel calcolo dell’anzianità di servizio e, di conseguenza, per determinare la retribuzione, quando il lavoratore passa a un contratto a tempo indeterminato.
Questo principio vale anche se i contratti a termine sono stati conclusi prima della scadenza del termine per il recepimento della Direttiva 1999/70/CE da parte degli Stati Membri (10 luglio 2001).
La decisione della Corte arriva dopo un ricorso presentato da un ricercatore impiegato presso il CNR, che aveva visto esclusi dal calcolo dell’anzianità i suoi anni di servizio a termine. In particolare, la Corte ha affermato che escludere i periodi di lavoro a tempo determinato costituisce una violazione del principio di non discriminazione sancito dalla clausola 4 dell’accordo quadro europeo.
Nessuna discriminazione tra contratti
Il principio cardine alla base della sentenza è quello della non discriminazione. Secondo la Corte, un lavoratore assunto con contratto a tempo determinato non può essere trattato in modo meno favorevole rispetto a uno con contratto a tempo indeterminato, a meno che non vi siano ragioni oggettive che giustifichino tale disparità.
Questo significa che l’anzianità di servizio maturata in un contratto a termine deve essere riconosciuta, anche se quel contratto si è concluso prima che la Direttiva 1999/70/CE fosse recepita.
Nel caso specifico, il CNR non aveva tenuto conto dei periodi prececdenti al 2001 nel calcolo dell’anzianità di servizio, riducendo la retribuzione del lavoratore. La Corte ha ora stabilito che questa esclusione non è giustificata, a meno che non vi siano motivazioni oggettive, come previsto dalla direttiva europea.
Impatto della sentenza
La sentenza avrà un impatto significativo non solo in Italia, ma in tutta l’Unione Europea, in quanto stabilisce un precedente per la gestione dei contratti a tempo determinato.
Le aziende e gli enti pubblici dovranno ora rivedere le proprie politiche relative al calcolo dell’anzianità di servizio per i dipendenti che passano da contratti a termine a contratti a tempo indeterminato. In particolare, non sarà più possibile ignorare i periodi di lavoro a tempo determinato ai fini della retribuzione e dei benefici legati all’anzianità.
La Corte ha inoltre chiarito che questa regola si applica anche agli effetti futuri di rapporti di lavoro sorti prima del recepimento della direttiva, purché gli effetti si verifichino successivamente a tale data.
Nuove tutele per i lavoratori precari
La sentenza dovrebbe avere impatto anche sui precari che non si vedono riconosciuti i periodi di lavoro a termine prima della stabilizzazione.
L’interpretazione della Corte dovrebbe infatti garantire che questi lavoratori non siano discriminati rispetto ai colleghi a tempo indeterminato.
In conclusione, la decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea apre la strada a nuove opportunità per i lavoratori a termine di vedersi riconosciuti i loro diritti e di godere di condizioni di lavoro più eque e trasparenti.