L’elevazione dei requisiti anagrafici per l’accesso alla pensione di vecchiaia non modifica il limite ordinamentale previsto per il collocamento a riposo dipendenti delle PA, qualora questi ultimi siano titolari di assegno di invalidità.
Lo afferma l’INPS con la circolare n. 10 del 30 gennaio 2020, informando su quanto specificato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri in merito ai casi in cui un dipendente decida di non esercitare subito il diritto all’accesso alla pensione di vecchiaia.
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In casi come questi, infatti, la PA è tenuta a mantenere il rapporto di lavoro fino al compimento del limite ordinamentale di 65 anni: raggiunto questa età, il dipendente può essere collocato a riposo contando sulla conversione dell’assegno di invalidità in pensione di vecchiaia.
È sempre l’INPS a ricordare i requisiti e le condizioni richieste per l’accesso alla pensione di vecchiaia anticipata:
- accertamento dello stato di invalidità che non deve essere inferiore all’80%;
- compimento dell’età anagrafica (55 anni per le donne, 60 anni per gli uomini) adeguata agli incrementi alla speranza di vita;
- maturazione dell’anzianità contributiva minima di 20 anni nel Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti;
- decorso di 12 mesi dalla data di maturazione del requisito (anagrafico, contributivo o sanitario).