La Corte di Cassazione si è recentemente espressa riguardo la presentazione di dichiarazioni non veritiere per accedere al pubblico impiego, comportamento che non sempre può portare al licenziamento immediato. Secondo i giudici, infatti, la decadenza dall’incarico scaturisce solo nel momento in cui le dichiarazioni false riguardano un requisito che impedisce l’instaurazione del rapporto di lavoro.
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Al contrario, se il rapporto di lavoro è già in corso, in caso di dichiarazioni falsate da parte del pubblico dipendente, un eventuale licenziamento può essere deciso solo al termine del procedimento disciplinare, valutando le singole circostanze e stabilendo la proporzionalità di questa sanzione alla gravità del fatto.
Il determinarsi di falsi documentali (art. 127 lett. d d.p.r. 3/1957) o dichiarazioni non veritiere (art. 75 d.p.r. 445/2001) in occasione dell’accesso al pubblico impiego è causa di decadenza, per conseguente nullità del contratto, allorquando tali infedeltà comportino la carenza di un requisito che avrebbe in ogni caso impedito l’instaurazione del rapporto di lavoro con la P.A.
Nelle altre ipotesi, prosegue la sentenza:
Le produzioni o dichiarazioni false effettuate in occasione o ai fini dell’assunzione possono comportare, una volta instaurato il rapporto, il licenziamento, ai sensi dell’art. 55-quater lett d), in esito al relativo procedimento disciplinare ed a condizione che, valutate tutte le circostanze del caso concreto, la misura risulti proporzionata rispetto alla gravità dei comportamenti tenuti.