Il rinnovo del contratto del pubblico impiego per il triennio 2016-2018 ha portato con sé l’introduzione del nuovo emolumento perequativo, previsto nelle retribuzioni per periodi di lavoro superiori a 15 giorni. È l’INPS a chiarire l’imponibilità dell’elemento perequativo a fini pensionistici attraverso il messaggio 3224 del 30 agosto 2018.
L’Istituto di previdenza spiega, infatti, come il nuovo emolumento sia effettivamente valutabile per identificare il trattamento di quiescenza ma non per valutare il trattamento di fine rapporto. Questa voce stipendiale riguarda il personale del comparto Funzioni Centrali, il settore Istruzione e Ricerca, le Funzioni Locali e la Sanità da marzo a dicembre 2018.
Secondo l’INPS l’elemento perequativo è imponibile ai fini pensionistici, tenendo conto che il reddito derivato dal lavoro dipendente comprende tutti gli emolumenti percepiti dal lavoratore relativamente alle prestazioni rese. L’emolumento deve quindi essere conteggiato per determinare l’imponibile della Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali e per l’Assicurazione sociale vita (gestione ex ENPDEP).
Un’eccezione riguarda, invece, il calcolo del TFR per dipendenti pubblici, effettuato prendendo in considerazione integralmente lo stipendio tabellare, l’indennità integrativa speciale, la retribuzione individuale di anzianità, la tredicesima e altre voci inserite dalla contrattazione collettiva.
Per quel che concerne i trattamenti di fine servizio, l’emolumento in questione non concorre alla determinazione della prestazione, né ai fini del TFS (Indennità di buonuscita e Indennità premio di servizio) né ai fini del TFR; pertanto, non rientra nella base imponibile contributiva del fondo ex ENPAS ed ex INADEL.