Il pubblico impiego in Italia si caratterizza per una diminuzione degli occupati e per un’età media delle risorse impiegate in crescita. A scattare una fotografia dettagliata è il “Primo report annuale sull’occupazione nelle pubbliche amministrazioni’, indagine realizzata dall’Osservatorio nazionale sul lavoro nel sistema dei servizi pubblici istituito da Funzione Pubblica Cgil e Fondazione Di Vittorio recentemente presentata a Roma.
Stando ai dati, tra il 2001 e il 2015 sono stati oltre 75mila gli occupati stabili nella PA (nello specifico relativamente ai comparti Funzioni Centrali, Funzioni Locali e Sanità), con un calo della componente maschile pari a 156.450 unità. Ad aumentare sono le donne impiegate nei comparti della PA, mentre calano anche i lavoratori precari. In generale, nel pubblico impiego si è registrata una diminuzione di 75.368 unità.
Nell’arco dei quindici anni in esame si è assistito a una crescita del part-time nel pubblico impiego, aumentato di 29.498 unità sebbene il full time sia calato di 104.866 unità. In percentuale, la crescita del tempo parziale è stata pari all’85%.
Il report fornisce cifre e indicazioni anche per quanto riguarda l’anzianità di servizio, in crescita progressiva come le cessazioni legate ai limiti di età e le dimissioni con diritto alla pensione.
Lungo questo trend si prevede che in tutta la pubblica amministrazione nel 2020 circa 262.000 lavoratori si troveranno nella classe 65 – 67 e 621.000 nella fascia 60-64. Dall’analisi dei dati del Conto Annuale a fine 2016 nelle Funzioni centrali i lavoratori con più di 60 anni di età erano 124.737 in sanità 230.057 e 199.692 nelle funzioni locali. Possiamo ragionevolmente prevedere che circa il 40% delle lavoratrici e dei lavoratori dei tre comparti presi in esame nei prossimi 3-6 anni potrebbe raggiungere i requisiti per la pensione.
Per mantenere almeno l’attuale livello dei servizi e delle prestazioni, sottolinea la ricerca, è fondamentale assumere circa 500mila lavoratori nei prossimi tre-sei anni.