Internet è un diritto fondamentale dell’uomo. Per contro, ci sono nel mondo diversi Paesi che mettono in atto «tecnologie sempre più sofisticate per bloccarne i contenuti, monitorare e identificare attivisti e critici». A parlare questa volta non è un esponente o un dirigente di un’organizzazione per i diritti umani, ma Frank La Rue, commissario speciale Onu.
Il quale ha preso posizione di fronte allo Human Rights Council di Ginevra venerdì scorso, ma ha anche messo tutto nero su bianco nel rapporto sulla “promotion and protection of the right to freedom of opinion and expression” (promozione e protezione del diritto alla libertà di opnione e di espressione”.
È l’ennesima dimostrazione dell’importanza che la rete sta assumendo anche in seno alle più importanti istituzionai internazionali. Non a caso, nelle scorse settimane il presidente francese Nicholas Sarkozy aveva convocato a Parigi, alla vigilia del G8, una sorta di G8 di Internet invitando tutti i big del settore.
E proprio la Francia è uno dei paesi che vengono criticati nel report di La Rue, per la precisione in relazione al tema che lo stesso Sarkozy ha sollevato durante la conferenza parigina: la necessità di tutelare privacy e copyright. Diritti che secondo il commissario speciale dell’Onu vengono dopo quello, fondamentale, a Internet, precedenza che il legislatore deve tutelare. Rappresentano quindi una violazione esempi di normative come la transalpina legge Hadopi, che prevede la possibilità di bloccare la connessione di chi viola ripetutamente il copyright. Una misura, quest’ultima, considerata sproporzionata. Nel mirino delle Nazioni Unite anche un provvedimento simile, allo studio delle autorità britanniche, il Digital Economy Act.
Il rapporto La Rue spiega chiaro e tondo che “togliere l’accesso degli utenti a Internet è una misura sproporzionata, qualunque ne sia il motivo, compresa la tutela del copyright. È una violazione dell’articolo 19, paragrafo 3, della Convenzione internazionale dei diritti civili e politici». Dunque, i provvedimenti che prevedono la disconnessione andrebbero eliminati.
Se la raccomandazione rivolta a paesi come Francia e Gran Bretagna, che tutelano integralmente le libertà civili e d’espressione, fa particolarmente scalpore, il rapporto come è logico punta il dito in particolare verso ben altre forme di censura, come quelle dei paesi mettono in campo misure per bloccare o limitare l’accesso alla rete agli utenti. C’è uno specifico riferimento alla primavera araba, con la condanna ad esempio a Egitto, Libia, Bahrein, che hanno tentato di “staccare la spina” durante le manifestazioni di rivolta. E poi ancora, la Siria, dove non sono accessibili molti social network, oppure l’Iran, dove stanno sostituendo una rete nazionale al web internazionale, oscurando di fatto quest’ultimo. Nel mirino anche la Cina, con ripetuti casi di violazione.
Mentre ci sono paesi virtuosi, che hanno dichiarato Internet un diritto fondamentale,come la stessa Francia (criticata però come detto per le leggi sul copyright), oppure l’Estonia, il Costarica, la Finlandia, che assicura per legge la banda larga a tutti.