In un’intervista rilasciata ad Affari e Finanza di Repubblica, Corrado Calabrò, presidente di AgCom, sostiene che il futuro dell’Italia sia nella fibra ottica.
La burocrazia delle autorizzazioni e delle concessioni occorrenti per i cantieri e per l’uso del suolo pubblico sarebbe – per Calabrò – la principale causa che impedisce la diffusione della fibra ottica.
Per superare gli ostacoli che impediscono la posa dei cavi della banda larga
da 100 megabit, il presidente dell’Autorità delle Comunicazioni suggerisce l’utilizzo della DIA (la denuncia di inizio attività), utilizzata per sveltire i procedimenti per le ristrutturazioni edilizie dei condomini, e la servitù coattiva, che si utilizza per le infrastrutture di pubblica utilità, come nel caso di reti elettriche, acquedotti e fognature.
Il presidente dell’AgCom aveva già dichiarato di formulare nella relazione al Parlamento la necessità di investire nella banda larga.
Superare il ritardo italiano nella diffusione della connessione veloce su
fibra ottica rappresenta dunque uno snodo fondamentale per lo sviluppo del
Paese.
E mentre le normative UE favoriscono la diffusione dell’infrastruttura broad band, l’Italia non può affidarsi ad un unico operatore, secondo Calabrò infatti è necessario un sistema di più attori che magari coinvolga anche l’intervento pubblico, dal momento che senza «le nuove reti è anche difficile far decollare i veri nuovi servizi. A partire dalla Pubblica Amministrazione online».
Sono necessari infatti- continua Calabrò – investimenti per circa 815 miliardi per aumentare la penetrazione della banda larga in Italia che attualmente è pari al 17% mentre la media UE è al 23%.
In Europa, Francia, Gran Bretagna stanno finendo di mettere a punto piani di
diffusione, Corea, Cina e Giappone sono più avanti, in particolare il Giappone ha investito 50 miliardi di euro che produrranno 1.500 miliardi di euro, mentre per l’Italia, aveva dichiarato Calabrò, la dotazione di fibra ottica comporterebbe un aumento del pil del 2-3 per cento.