WiMax contro il digital divide

di Noemi Ricci

28 Novembre 2007 09:00

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L'asta per l'assegnazione delle frequenze è partita, ma l'implementazione del sistema WiMax su scala nazionale sembra ancora lontana. Eppure potrebbe essere la risposta a numerosi problemi...

Tra le regioni più penalizzate dal digital divide, spicca il Piemonte, a differenza di cosa si sarebbe potuto immaginare osservando l’industrializzazione della regione stessa. Anche la Commissione Europea ha sottolineato l’inadeguatezza della diffusione della banda larga in Italia, attualmente stimata intorno al 14%. La copertura nelle zone rurali si aggira attorno al 44%, mentre nell’UE la media risulta del 65%.

La tecnologia WiMax, per le caratteristiche mostrate sopra, tra cui in primo luogo la grande versatilità e i suoi bassi limiti infrastrutturali, si candida ad essere lo strumento con il quale azzerare questa grande lacuna tecnologica che pesa sul nostro paese, consentendo finalmente la completa diffusione della connessione a banda larga. A dimostrarlo ci sono già alcuni esempi, come quello del Comune di Peschiera Borromeo

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I ritardi del nostro Paese

Mentre nel resto d’Europa le PA si stanno organizzando in maniera rapida ed efficace nei riguardi dei sistemi WiMax, in Italia la situazione si presenta decisamente più complicata. Inoltre, mentre in altre parti del mondo come gli USA, ma anche in paesi non così tecnologicamente avanzati come Pakistan e Thailandia, il WiMax è già una realtà aperta e disponibile agli operatori, in Italia il suo sviluppo sembra andare a rilento: entrato nei programmi di produzione delle aziende nel 2004, la sperimentazione è iniziata solo a metà dell’anno scorso. Lo sviluppo della tecnologia è stato arrestato dalle polemiche, prima fra tutte quella riguardante l’assegnazione delle licenze,e tuttora non sembrano ancora del tutto superate le perplessità di osservatori, analisti e operatori relativamente all’assegnazione delle frequenze.

Tra le voci contrarie, spicca quella particolarmente autorevole di Lawrence Lessig, promotore di Creative Commons, riguardo alle iniziative legislative del Congresso USA, molto vicine a quelle italiane. «Il punto è la deregolamentazione delle frequenze», afferma Lessig. «Deregolamentazione non significa che mettiamo all’asta le frequenze, perché le aste richiedono un diritto di proprietà del governo ed è una forma di regolamentazione dello spettro. Deregolamentare nel senso che lasciamo ampie porzioni dello spettro disponibili per un uso senza licenza».